Ducati, piano top-secret a idrogeno. Nuovo stabilimento e altre assunzioni

Già aperto il confronto con i sindacati: duecento posti sul tavolo

Claudio Domenicali, ad di Ducati, festeggia  il nuovo Scrambler

Claudio Domenicali, ad di Ducati, festeggia il nuovo Scrambler

Bologna, 6 giugno 2015 - DIAVOLO d’un Renzi: il giorno dell’ufficializzazione dell’arrivo a Sant’Agata di Urus, il tanto atteso Suv Lamorghini da 600 milioni di investimento (più 100 del Governo) e 500 posti di lavoro, il premier ha buttato lì una frase, «e adesso aspettiamo la Ducati», mettendo la pulce nell’orecchio a molti. E aprendo uno squarcio su una trattativa che, nei piani, sarebbe dovuta rimanere riservata ancora per molto: un nuovo stabilimento e duecento assunzioni per un innovativo modello di moto, basato sul primo motore a idrogeno di serie.

UN COLPO non da poco, visto che di idrogeno si parla da tempo (e da tempo si dice che le moto, alla fine, arriveranno prima delle auto) ma finora in giro si sono visti solo prototipi. Alla Ducati il piano c’è, ed è top-secret ma in stadio molto avanzato. Così tanto che, subito dopo aver portato a casa l’accordo sul lavoro domenicale, l’azienda del gruppo Audi-Volkswagen ha chiesto ai sindacati di rimettersi al tavolo per discuterne.

D’ALTRONDE fu quell’accordo integrativo firmato qualche mese con Fiom, Fim e Uilm dopo venti mesi di trattative, a gettare le basi anche della trattativa in Lamborghini (il gruppo è lo stesso) per il Suv. Innovativo per via delle cento assunzioni nel triennio 2015-2017, tra passaggi da part-time a full-time e nuovi part-time. O per i gruppi di miglioramento volontari a rotazione, negli orari di lavoro, tra operai, dirigenti e sindacati, sul modello giapponese ‘kaizen’, volti a migliorare la produttività del’azienda e le condizioni dei dipendenti (con relativi premi di risultato extra). Poi: l’introduzione di commissioni paritetiche azienda-sindacati su svariati temi, dalla filiera all’organizzazione del lavoro, e soprattutto l’introduzione delle domeniche lavorative, basate sulla volontarietà e ottenute in cambio di forti incentivi economici e premi aziendali. E infine il sistema duale di formazione continua, con borse di studio per gli studenti delle scuole professionali e percorsi di crescita per i dipendenti.

IL CLIMA era ineditamente roseo: lo scorso 19 febbraio la Fiom-Cgil, con il segretario regionale Bruno Papignani, esultava: «Questo accordo è innovativo perché tende a ‘fare’, come piace a Renzi, ma aggiungendo diritti e non togliendoli». Il direttore del personale di Ducati, Luigi Torlai (20 febbraio), ribadiva: «Abbiamo chiesto ai sindacati di considerare la seguente situazione: avremmo trasformato lo stabilimento di Borgo in un centro d’eccellenza, investendo molto su dipendenti e impianti». Per entrambi, infine, non si trattava del modello di relazioni industriali tedesco, ma di quello emiliano. E, in effetti, se le trattative sul nuovo investimento andranno in porto, l’Emilia che si è rimessa a correre dimostrerà di aver superato, anzi, doppiato, la Germania che non si è mai fermata. Superandola in curva sul dialogo, la crescita e la capacità di innovazione.

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