Fondazione del Monte Bologna, la Finocchiaro si ricandida

La presidente verso il mandato bis: “Donne, cultura ed educazione i punti fermi“

Giusella Finocchiaro, presidente della Fondazione del Monte (Schicchi)

Giusella Finocchiaro, presidente della Fondazione del Monte (Schicchi)

Bologna, 20 giugno 2019 - «In questi quattro anni abbiamo cambiato volto alla Fondazione: oggi siamo un aggregatore, un incubatore di idee, e senza questi requisiti per noi un progetto non può essere finanziato». Per Giusella Finocchiaro è tempo di bilanci, il suo mandato alla guida della Fondazione del Monte si conclude proprio in questi giorni, con risultati che parlano di oltre 1.200 iniziative sostenute grazie all’erogazione di 24 milioni di euro.

Presidente, si ricandida?

«Sì, ho già dato la mia disponibilità e l’8 luglio ci sarà l’elezione».

Cosa intende per nuova identità della Fondazione?

«Il contesto in cui viviamo è talmente instabile e incerto che si è trattato di un passaggio inevitabile: siamo passati da un modello erogativo a uno partecipativo, nel quale non ci limitiamo a fornire risorse, ma vogliamo giocare un ruolo attivo di collante sociale».

Che significa nel concreto?

«Prima ci presentavano dei progetti e ci chiedevano un aiuto, oggi, invece, molto spesso le realtà vengono da noi con un’idea e noi lavoriamo insieme per trasformarla in qualcosa di concreto, coinvolgendo altri partner dalle sensibilità simili. È un lavoro lungo, ma questi sono i criteri che ci siamo dati: aggregazione, co-finanziamento, impatto sociale».

A proposito, come sta economicamente la Fondazione?

«Eravamo partiti con una riduzione, ma l’abbiamo compensata e confermato finanziamenti per 6 milioni l’anno in tutto il quadriennio, grazie a una dimensione patrimoniale che è cresciuta da 231 a 233 milioni di euro».

Futuro, su cosa vi focalizzerete?

«Continuiamo a ritenere la cultura e l’educazione fondamentali proprio perché spesso ritenute a torto un lusso, quando invece è da lì che dobbiamo ripartire».

Molte risorse sono destinate anche a progetti di accoglienza.

«Ognuno la può pensare come vuole, ma queste persone sono qui e rappresentano un potenziale da valorizzare: per farlo loro devono capire noi e noi dobbiamo capire loro. Per favorire questo scambio puntiamo sulle donne».

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