Magneti Marelli Bologna. "Cassa integrazione per 910 dipendenti"

L'annuncio della proprietà per gli stabilimenti di via del Timavo e di Crevalcore

Magneti Marelli

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Bologna, 2 ottobre 2019 - DOPO mesi trascorsi fra indecisioni e speranze, i timori sono diventati realtà. E’ arrivata ieri, infatti, la notizia della richiesta di cassa integrazione ordinaria per 910 lavoratori della Magneti Marelli, impiegati negli stabilimenti di Bologna e Crevalcore. Nel primo caso, gli interessati sono 630 degli 800 dipendenti totali, ingegneri del reparto ricerca e sviluppo compresi e fatta eccezione solo per chi opera nel reparto motore elettrico, mentre nel secondo parliamo di 280 teste su 350, esclusi solo i fonditori del reparto alluminio. Quanto ai termini che la nuova proprietà ha in mente, invece, per gli impianti del capoluogo si chiedono otto settimane di Cigo a zero ore e, in provincia, le settimane a casa dovrebbero essere addirittura tredici. 

Questo, almeno, è ciò a cui punta la nuova proprietà di un colosso della componentistica per automobili da 40mila dipendenti, rilevato dalle mani di Fca, nell’ottobre del 2018, da parte del fondo a stelle e strisce Kohlberg Kravis Roberts, attraverso la controllata giapponese Calsonic Kansei. E non sembra, visto che si tratta, a tutti gli effetti, del primo provvedimento concreto dei nuovi padroni, un buon inizio, se si sommano le lettere recapitate ieri alle recenti mancate conferme di una trentina di contratti di somministrazione nella sede di Crevalcore e a quella che Fiom, in una nota, definisce «la costante riduzione dell’organico nella sede di Bologna». 

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In attesa dei tavoli fra parti sociali e azienda che, nelle prossime settimane, tenteranno la mediazione quantitativa e qualitativa sulla cassa, intanto, il segretario della Fiom bolognese, Michele Bulgarelli, ha sottolineato come «la questione potrebbe e dovrebbe rientrare anche nelle contrattazioni nazionali sui temi dell’automotive che impegneranno il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo». Il compagno di sigla della Rsu della ex Weber di via del Timavo, Stefano Ruggenini, ha invece sottolineato la «gravità, sul medio periodo, del colpo inferto a ricercatori e sviluppatori», oltre alla «mancanza di un piano industriale» e alla promessa, «non mantenuta dall’azienda», di accordarsi su un piano di smaltimento ferie per evitare la Cigo. Più cauto, anche se non ha negato «una certa preoccupazione», Massimo Mazzeo, della Fim Cisl metropolitana, pronto, in attesa di sviluppi, a chiedere chiarimenti su piano industriale e missione specifica di ogni stabilimento.

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