Dal flacone a Ecohouse, la tanica che salverà il mondo

Premio Mascagni. La Nuova C. Plastica e il recupero degli oli usati IL VIDEO - LO SPECIALE

La Nuova C. Plastica

La Nuova C. Plastica

Bologna, 13 ottobre 2015 - MARCO Camoli ha sempre detto ai figli Piero e Gianmarco, oggi a capo della Nuova C . Plastica, che a convincerlo a licenziarsi e avviare la propria attività fu un evento ben strano. Erano le 8,35 del 15 febbraio 1961 e stava entrando a lavoro quando, improvvisamente, il cielo si fece di pece...

Piero e Gianmarco, nulla di esoterico: era la nota eclissi totale del ’61.

«Per nostro padre fu un piccolo segnale che lo convinse a fare il grande passo verso un progetto che, in realtà, aveva già avviato l’anno prima, in cantina, con Ca.Ma.: realizzazione in proprio di stampi e di piccoli stampati».

Cosa cambiò dopo l ’eclisse?

«Con i fratelli Carlo e Mauro divise l’attività in due e fondò la C. Plastica (stampaggio) e la C. Camoli (stampi)».

Le prime produzioni?

«Piccoli oggetti per conto terzi, come flaconi e borracce. Quando siamo diventati bravi, abbiamo cambiato».

Esempio?

«Ci siamo specializzati in oggetti più grandi. Oggi arriviamo a produrre serbatoi fino a 100 litri. Per ciò che riguarda lo stampaggio, invece, ci occupiamo di particolari per l’automotive, le macchine agricole, la meccanica. In entrambi i settori facciamo tutto da soli: dall’ideazione al prodotto finito.

Il vostro ingresso in azienda?

«Da piccoli giocavamo a rincorrerci qui. Venire a lavorarci è stato normale. Dal 2000, in seguito alla fusione delle due aziende nella Nuova C. Plastica, abbiamo preso in mano la gestione con nostro cugino Enrico».

La vostra impronta?

«La divisione ambiente, con i contenitori per il recupero degli oli esausti. È il settore che cresce più velocemente».

Avete colto il business.

«In realtà ne abbiamo sentito l’urgenza, da cittadini. Ci è sempre pianto il cuore a vedere gli oli esausti finire nell’ambiente. Soprattutto in casa».

In casa è una piccola parte.

«Non proprio: ogni anno vengono immesse al consumo a scopi alimentari 1.400.000 tonnellate di olio vegetale. Su questa quantità si stima un residuo di olio del 20%, ovvero 280mila tonnellate. E se considera che un litro d’olio inquina un tratto di mare largo come quattro campi da calcio...».

Come fare?

«Ci siamo inventati Ecohouse. L’idea è semplicissima: una tanica dotata di imbuto e filtro da incastrare nel manico. Raccolgo l’olio e la richiudo. Quando è piena vado a svuotarla nel punto di raccolta più vicino».

Quanti ne avete convinti?

«A dire il vero l’avevamo inventato per noi. Poi, in Germania, durante l’ultimo giorno di una fiera, un’azienda ci ha chiesto di venderglielo».

Oggi?

«Lavoriamo per le principali multiutility e società di raccolta rifiuti».

E il futuro?

«Sono le taniche intelligenti, che riconoscono il portatore e segnano il numero di litri raccolti. E poi i bambini: facciamo molti incontri nelle scuole».

La soddisfazione più grande?

«Un giorno finalmente abbiamo visto un capitoletto sul recupero dell’olio su un libro di scuola elementare. L’immagine usata era la nostra tanichetta».

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