Colata di Idice a Bologna, in aula le telefonate da distruggere

La richiesta della Procura. Fissata dal gip la data dell’udienza in camera di consiglio con le parti. Il legale della Conti: "Valuteremo cosa fare"

Isabella Conti (FotoSchicchi)

Isabella Conti (FotoSchicchi)

di Nicola Bianchi

A un mese esatto dalle elezioni, si torna sempre lì, all’annoso caso della ‘Colata di Idice’. Ma questa volta a (ri)tirare in ballo l’affaire che provocò uno strappo Pd-coop rosse, portando alla creazione di una legge urbanistica sul consumo di suolo zero, e finendo al centro della recente battaglia per le primarie del Pd tra Matteo Lepore e Isabella Conti, non è la politica. Bensì la giustizia pronta a distruggere le centinaia di migliaia di intercettazioni contenute nei 12 faldoni dell’inchiesta – poi archiviata – sulle presunte pressioni che avrebbe ricevuto il sindaco di San Lazzaro.

Il caso. La ’Colata’, come si ricorderà, era il progetto che nel 2015 prevedeva la costruzione di un maxi insediamento da 582 alloggi, del valore di 300 milioni, a Idice; il primo cittadino lo bloccò e denunciò poi in Procura presunte pressioni ricevute a riguardo. Il 12 dicembre 2016 la Procura chiese l’archiviazione, con un accoglimento lampo del tribunale il 21. Ora un nuovo, e forse ultimo, atto: il gip Domenico Truppa ha fissato per il 14 ottobre l’udienza in camera di consiglio dove si deciderà il destino delle intercettazioni, che all’epoca dei fatti scatenarono il panico. E a chiedere la distruzione di quelle ’chiacchierate’, divenute "irrilevanti" dopo l’archiviazione dell’allora gip Mirko Margiocco, sono stati il procuratore capo Giuseppe Amato e l’aggiunto Morena Plazzi, con atto datato 17 gennaio 2017.

Sindaci e Legacoop. Sul registro degli indagati per minacce a corpo politico dello Stato finirono in sette: Rita Ghedini e Simone Gamberini, rispettivamente presidente e direttore di Legacoop, Stefano Sermenghi, sindaco di Castenaso, Aldo Bacchiocchi, ex sindaco di San Lazzaro, Carlo Castelli, tesoriere del Pd di Bologna, il revisore dei conti Germano Camellini e l’imprenditore Massimo Venturoli. Un vero e proprio terremoto che attirò l’attenzione nazionale. Ma dopo due anni di certosini accertamenti, la Procura stabilì che qualche anomalia ci fu, ma non da sfociare mai in vere e proprie pressioni. Una tesi sposata dal gip Margiocco, che pur scagionandoli, scrisse che non tutto era stato cristallino nel loro comportamento: "Resta, – motivò – nello sfondo dei fatti, un ‘rumore di fondo’ originato dall’intreccio di interessi economici e politici in apparenza convergenti, situazione che non compete a questo giudice censire, trattandosi di valutazioni di opportunità o meno di comportamenti che esulano dalla cognizione della sede giudiziaria e che vanno devolute ad altri soggetti, in altre sedi, in altre occasioni". Quel che è "anomalo", aggiunse, "è che simili iniziative (le presunte pressioni, ndr) siano state assunte in alcune occasioni da soggetti - con cariche in organizzazioni politiche - che non sono stati direttamente coinvolti nella complessa vicenda ma che si sono rapportati con la Conti a tutela di (ipotizzate) ragioni di imprese rispetto alle quali erano estranei".

L’udienza. Tutti, con i loro legali, si ritroveranno il 14 ottobre in aula per stabilire cosa fare con la mole di telefonate. Ci sarà anche Isabella Conti che potrebbe opporsi alla parziale o totale distruzione o rimettersi a giustizia. Cauto il suo avvocato, Luca Moser: "Ad oggi non ci siamo ancora confrontati, con Isabella ci vedremo nei prossimi giorni per valutare quale posizione tenere. Posto che a suo tempo avevamo già dato conto delle nostre intenzioni con una lunga memoria depositata al gip e al procuratore". Era gennaio 2017.

L’altra vicenda. Tuto questo mentre resta in piedi la partita amministrativa dove la Conti ’conduce’ per ora al Tar (e di recente ha vinto pure la causa per diffamazione intentata contro di lei dall’ingegnere Massimo Venturoli, legale rappresentante della Palazzi srl) ma con le coop e i costruttori che ad aprile si sono appellate al Consiglio di Stato per il risarcimento da 21 milioni di euro.

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