Coronavirus Bologna Fc, il ds Bigon "Il calcio ripartirà, ma le priorità sono altre"

Incertezze e dubbi sul futuro: "Avevamo trattative avviate, non ha senso parlare di mercato ora"

Riccardo Bigon, 48 anni, è al Bologna ormai dalla stagione 2016-2017

Riccardo Bigon, 48 anni, è al Bologna ormai dalla stagione 2016-2017

Bologna, 23 marzo 2020 - Due settimane senza calcio. Due settimane che stanno rivoluzionando il mondo intero."E chissà che non se ne esca tutti migliori. Più uniti e consapevoli dei valori che contano davvero". L’augurio è di Riccardo Bigon, direttore sportivo del Bologna, che ci racconta come l’emergenza in corso abbia avuto un impatto pure su tempi e modi del suo mestiere.

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Bigon, due anni fa, di questi tempi arrivava Dijks a visitare Casteldebole. Un anno fa sarebbe toccato a Denswil. "E oggi è tutto fermo. Si lavora, certo. Io, Marco Di Vaio e tutto lo staff tecnico abbiamo più tempo per gu ardare video, partite in archivio, incrociare pareri su calciatori che giocano in giro per il mondo. Ma programmare affari e trattative è difficile, le priorità sono altre".

Lei è sempre stato abituato a programmare con grande anticipo. "Oggi è complicato. Bisogna fare i conti con le perdite che lo stop comporterà. I budget sono saltati e impegnarsi in anticipo con calciatori senza sapere che ne sarà non è consigliabile. L’obiettivo resta quello di migliorare la squadra per continuare a crescere. Ma come e quanto questi avvenimenti influiranno, lo si capirà tra qualche mese. Il calcio ripartirà: è la terza o quarta azienda del paese per indotto, in un modo o nell’altro andrà avanti, il come farà la differenza. Ma ora è più importante pensare alle persone e a chi è più in difficoltà di noi, che siamo fortunati. Se lo siamo noi, figuriamoci piccole aziende e artigiani. E’ a loro che bisogna pensare in primis".

Trattative rinviate, quindi? "Si vedrà più avanti, qualcosa succederà"

Senza questa emergenza qualcosa sarebbe già successo? "Avevamo due trattative in piedi: poco prima dello stop e dell’emergenza, a un calciatore avevamo prenotato il viaggio aereo per vedere le nostre strutture e la città, ma saltato tutto. Ne riparleremo più avanti".

Viaggi aerei, quindi si parla di due stranieri? "Ragazzi che giocano all’estero, ma di più non posso dire. Quando la vita riprenderà vedremo di riorganizzarci per farli venire e riparlarne".

A gennaio avevate cercato Ibanez, difensore futuribile. Ora sono circolati i nomi di Kolarov, Marchizza, Cistana e il ritorno di fiamma per Lyanco. "In questo momento dire se prenderemo un giocatore piuttosto che un altro non ha senso. Dipenderà anche dai risvolti economici dello stop".

Per chi, come il mondo del calcio, è abituato a ragionare di obiettivi settimanali, se non quotidiani, cosa comporta il fermo? "Comporta di stare più vicino che mai ai nostri ragazzi, fattore che è comunque parte integrante del nostro lavoro. Abbiamo tanti calciatori tra i 18 e i 21-22 anni. Se è dura rimanere in casa per noi adulti, che abbiamo famiglia, lo è molto di più per loro, che sono soli, lontani da casa e in pensiero per i loro cari. Parlare ed esserci moralmente è fondamentale dal punto di vista psicologico".

E come si motivano a lavorare ora che non ci sono certezze sulla ripresa? "Lo staff, tramite mail e skype, e pure noi dirigenti, li sentiamo quotidianamente. Inizialmente avevamo dato loro compiti settimanali, ora ci si aggiorna di giorno in giorno per avere occasioni di dialogo e confronto maggiori. I ragazzi vorrebbero certezze, chiedono informazioni sul virus, sulla ripresa, sulla situazione, ma purtroppo ci sono risposte che nessuno al momento è in grado di dare".

Ma prevale la voglia di ricominciare o il timore? "La verità è che noto grande consapevolezza del momento. C’è voglia di tornare alla vita, di uscire di casa, di avere rapporti umani, non necessariamente di riprendere. Certo, il calcio è parte fondamentale della nostra vita, ma i ragazzi, prima ancora di ricominciare, chiedono di farlo in totale sicurezza".

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