Bologna Fc, la squadra di Thiago Motta ha bisogno di certezze

Prove tattiche ed esperimenti, nelle ultime due gare, hanno prodotto altrettante sconfitte e zero punti. E il gruppo è impaurito

Thiago Motta, 40 anni, due panchine e altrettante sconfitte

Thiago Motta, 40 anni, due panchine e altrettante sconfitte

Bologna, 4 ottobre 2022 - Senza gioco. Senza tiri nello specchio. Senza uno straccio di identità tattica. Senza un’anima. Senza l’Arnautovic delle prime sei giornate, che era stato l’unico salvagente rossoblù. Nel dubbio anche senza punti per la classifica: lì siamo fermi ai tre racimolati da Mihajlovic prima dell’esonero e agli altri tre che Vigiani portò in dote nel suo breve interregno battendo al Dall’Ara la Fiorentina.

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Il totale fa 6 punti in 8 giornate: solo il Bologna di Delio Rossi nel 2015-16 aveva approcciato peggio la stagione. E 6 sono anche i punti in meno rispetto a un anno fa: nella classifica di chi ha lasciato più lunghezze sul terreno rispetto al 2021-22 comanda proprio il Bologna. Saputo se ne sarà accorto?

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La notte dell’Allianz Stadium in ogni caso certifica che cominciano a essere troppe le cose che mancano al ‘nuovo’ Bologna targato Thiago Motta. Brusco risveglio, per chi aveva cullato l’illusione che Thiago potesse essere l’uomo con la bacchetta magica in grado di porre rimedio in quattro e quattr’otto ai copiosi errori di una gestione societaria e tecnica che definire inappropriate è essere generosi con gli inquilini di Casteldebole.

Mihajlovic allontanato fuori tempo limite, un mercato che in estate è stato fatto per due volte (prima l’idea del tridente, poi quella dell’attacco a due punte), con terze scelte consegnate a un allenatore subentrante che in quelle scelte non aveva ovviamente messo becco. Questo per dire che Thiago Motta ha le sue precise responsabilità in questa falsa partenza: ma non è salito su un Frecciarossa, bensì su un regionale un po’ scassato.

Dopodiché due partite sono poche per giudicare un allenatore.

Ma se le perdi entrambe, dopo aver presentato un modulo, il 4-2-3-1, che fin qui ha tolto certezze agli elementi più importanti del gruppo, ovvero Medel e Arnautovic, anziché darne, allora deve scattare l’allarme. Specie alla vigilia di una sfida, quella di sabato al Dall’Ara con una Sampdoria che ha appena messo alla porta Giampaolo, che ha già il sapore dell’ultima (facciamo penultima) chiamata. Ieri, con la squadra a riposo, è stata giornata di riflessioni al telefono.

Oggi a Casteldebole ricominceranno allenamenti e confronti: il famoso "guardarsi negli occhi" che dovrebbe far scattare un autentico, e non solo sbandierato, cambio di atteggiamento. Tra l’annuncio "I giocatori sono carichissimi" fatto da Motta alla vigilia del viaggio a Torino e quel "Siamo buoni giocatori, ma c’è un problema di testa" pronunciato nel dopo partita da Orsolini c’è un abisso che sarà bene esplorare a fondo per non correre il rischio di sprofondarvi. E poi c’è l’equivoco del modulo. Il 4-2-3-1 di sinisiana memoria domenica notte non aveva nulla di intraprendente e coraggioso. In mezzo due soli centrocampisti (è successo sia con l’Empoli che con la Juve) consegnano il reparto agli avversari.

E se la palla ad Arnautovic arriva col contagocce sono guai seri. Da oggi ricominciano le prove sul campo. Ma serve pragmatismo, non voli di fantasia.