Stadio aperto Bologna, Fenucci: "E' la strada giusta"

L’ad rossoblù: "Bene l’ordinanza, ora confronto con federazione e istituzioni". E intanto si ragiona su come organizzare il ritorno sugli spalti

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Bologna, 9 agosto 2020 - Bravo Bonaccini, partenza intelligente. A Casteldebole commentano così l’ordinanza con cui il presidente dell’Emilia-Romagna venerdì ha tracciato il solco verso la parziale riapertura, in regione, degli stadi. Partenza intelligente è una metafora assai di moda nei giorni caldi dell’esodo di Ferragosto. In fondo anche riportare una fetta di tifosi sulle gradinate di uno stadio di calcio si annuncia come un viaggio lungo e complicato, la cui meta finale farebbe però la gioia di tutti.

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"Un calcio senza tifosi è uno schifo", commentava qualche giorno fa il tecnico rossoblù Sinisa Mihajlovic. Tesi che i dirigenti rossoblù, così come gran parte dei colleghi dei club di serie A, da tempo hanno fatto propria. Adesso si tratta di capire come cogliere l’assist di Bonaccini, che nella nuova ordinanza apre alla possibilità di ospitare fino a 1.000 spettatori per gli eventi sportivi all’aperto, con deroghe concedibili in caso di eventi singoli di interesse nazionale e internazionale che si svolgano in impianti di consistenti dimensioni, nel pieno rispetto delle norme di sicurezza.

Fuori dal linguaggio istituzionale tutte le strade portano al Dall’Ara, che in teoria il 19 settembre, quando ripartirà la serie A, potrebbe già ospitare la prima partita dei rossoblù: in uno stadio vuoto o alla presenza di qualche migliaio di spettatori? "L’ordinanza della Regione Emilia-Romagna va nella giusta direzione – diceva ieri l’amministratore delegato rossoblù Claudio Fenucci – tenendo conto delle norme sul distanziamento sociale, ma anche dell’esigenza di ritornare gradatamente alla normalità". Postilla: "È ovvio che la riapertura al pubblico, anche parziale, degli stadi di Serie A dovrà essere coordinata dalla Federazione di concerto con le istituzioni interessate per garantire uniformità di condizioni a tutti i club".

Tradotto: giocare alla presenza dei propri tifosi, ancorché in numero ridotto, garantirebbe un vantaggio agonistico e senza un’uniformità di norme a livello nazionale nessun club potrebbe avventurarsi in soluzioni individuali. Ieri anche il presidente Stefano Bonaccini è tornato sull’argomento, a margine di un’iniziativa al Policlinico Sant’Orsola. "Qualche migliaio di persone, sedute, distanziate, ognuna con nome e cognome, che entrino ed escano con una organizzazione di un certo tipo, attraverso un protocollo che dobbiamo definire, secondo me si può tranquillamente organizzare", ha detto il numero uno della Regione. Che poi ha rivelato: "Abbiamo già avuto un confronto in videoconferenza ( venerdì, ndr) con il ministro allo Sport, il Coni, il Comitato Paralimpico e alcuni componenti del Cts".

Dopodiché stabilire un numero massimo di presenze al Dall’Ara e individuare un criterio per scegliere i pochi (o tanti) fortunati che avrebbero accesso alle partite è materia spinosissima. Il Bologna nella stagione appena conclusa contava 15.375 abbonati, a fronte di una capienza massima del Dall’Ara di poco superiore ai 29mila spettatori: far entrare tutti rispettando le distanze, nella stagione che verrà, è improponibile. La campagna abbonamenti al momento è bloccata e, salvo numeri incoraggianti della pandemia nelle prossime settimane (purtroppo il trend va invece in direzione contraria), non aprirà. Come stabilire, allora, chi, e in quale numero, potrebbe eventualmente accedere al Dall’Ara?

"Tornare allo stadio sarebbe bello – sospira Andrea Coppari, presidente del Centro Bologna Clubs –. Capisco che non sarà facile, ma è giusto provarci". Sapendo però già che i gruppi della curva Bulgarelli, dove il distanziamento sarebbe inapplicabile, non accetterebbero riaperture parziali. Per i duri e puri del tifo, o tutti o nessuno.

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