Bologna, 3 giugno 2001 - CI SARÀ anche Fabio Roversi-Monaco all’incontro ristretto che, questa sera a Milano, precederà la cena con trecento invitati organizzata a chiusura della visita in Italia del vicepremier cinese Xi Jinping. Quest’ultimo, che ha incontrato mercoledì scorso il presidente Giorgio Napolitano oltre a diversi esponenti delle istituzioni, è il successore designato alla carica di premier della Repubblica Popolare cinese.

Dopo le visite in Italia di Hu Jintao nel 2009 e dell’attuale premier Wen Jabao nell’ottobre scorso, Xi Jinping porterà a Pechino la firma sotto quattordici diverse intese per un totale di 3,3 miliardi di dollari, superiori alla somma delle precedenti missioni dei due premier e che dà il senso di come le relazioni tra il nostro Paese e la Cina stiano conoscendo una vera e propria escalation.Tre dei quattordici accordi sono stati messi a punto dagli sherpa del Mandarin fund, il fondo di private equity creato dal bolognese Alberto Forchielli e di cui Roversi-Monaco è presidente.

All’incontro con Xi Jinping stasera a Milano parteciperanno, oltre a Roversi, i ministri del Tesoro Tremonti, dell’Industria Romani e Gabriele Galateri, presidente di Generali. «Sarà — dichiara il presidente Roversi — un appuntamento di cortesia ma che attesta l’importanza che i cinesi attribuiscono al Mandarin» tra l’altro partecipato al 50 per cento dalla Cdb (China Development Bank) e da Export Import Bank of China.

 Il fondo di Forchielli ha già portato a termine dieci operazioni di cui nove dirette per un fatturato consolidato di un miliardo e che interessa 10mila dipendenti. Soprattutto operazioni di gruppi cinesi in Italia ma anche, in misura minore, di aziende tricolori in Oriente. Una delle tre intese preparate dal Mandarin riguarda tra l’altro (valore di 80 milioni) la Gvs di Zola Predosa, uno dei leader mondiali di filtri plastici utilizzati anche nel settore farmaceutico e biomedicale e che fa capo alla famiglia Scagliarini di Bologna. Così come Il Mandarin è entrato nella Ima della famiglia Vacchi.

Non sembra tornare d’attualità, invece, il dossier ‘Cinesi in Bologna Fiere’. Come si ricorderà, era stato aperto a fine 2008 per essere subito richiuso. «E fu un errore — dice oggi Roversi — Non solo la quota che sarebbe stata ceduta agli investitori cinesi avrebbe fatto entrare linfa nuova nell’Ente (poco dopo i soci furono costretti a un aumento di capitale ndr) ma quell’accordo sarebbe stata la porta attraverso cui far passare intese più strategiche. Aver ceduto alle lobby è stato un errore. Se continuiamo a seguire gli interessi particolari, il disegno strategico dov’è?».