Bologna, 5 agosto 2011 - Due mesi dopo cos’ha realizzato?
Diretta: «Realizzato? Nulla, assolutamente nulla. Ho ascoltato molto. Gli operatori che lavorano sul pezzo meritano tutta l’attenzione possibile. Loro conoscono bene le criticità e le fatiche. Siamo già d’accordo con il sindaco Virginio Merola. In autunno terremo una grande conferenza sui servizi. Si deve ripartire dall’ascolto di chi lavora, penso ad esempio agli assistenti sociali».
Amelia Frascaroli, assessore al Welfare, riemerge dal caso ‘Ambrogio’. Vicenda mediatica scalmanata. Lei messa in croce perché lui, giovane avvocato che ne sa di carcere, è suo quasi ‘genero’, insomma fidanzato con una delle figlie. Poi: Ambrogio Dionigi ha fatto la campagna elettorale della candidata. Va detto sotto gli occhi di tutti, anche del sindaco c’è da pensare. Alla fine era stato indicato da Merola per la Consulta. Fino alla polemica e alla marcia indietro. Ieri il primo cittadino ha nominato in quel posto Marialaura Amoruso, ultimo tassello di un cda che così diventa tutto al femminile. Amoruso, classe ‘87, è neolaureata in Giurisprudenza. Ha lavorato per Telefono Azzurro e al carcere della Dozza come educatore e mediatore. E’ stata volontaria per il servizio civile nel progetto ‘Minori in carcere’, sull’accoglienza dei bambini nella casa circondariale insieme alle madri. Però dell’affare Ambrogio, Frascaroli non vuole parlare più.
Concentriamoci sui tagli, allora.
«Ci saranno grandi problemi, lo so. Ma se acquistiamo più capacità di usare bene le risorse che ci sono già...».
Guardando Bologna dal basso.
«Vedo una grande fragilità in giro. Sempre più persone al limite della malattia psichiatrica vissuta in modo non protetto. Vivono per strada, non si fanno raggiungere. Sono barboni e si portano dietro un’infinità di problemi. Le unità mobili potrebbero arricchirsi anche di competenze psichiatriche, ad esempio».
La povertà.
«Dev’essere ripreso con forza il tema del lavoro. Sto cercando di ragionare con l’assessore Lepore. Le due deleghe devono marciare insieme».
Ad esempio?
«Ad esempio copiando Torino. Il Comune ha già adottato da tempo regolamenti che aprono alle fasce deboli. Voglio dire che l’amministrazione dedica al disagio sociale una parte della quota lavoro. Bologna dovrebbe adeguarsi».
Lepore è d’accordo?
«Sì sì. Spero che questi progetti entrino nel piano strategico del sindaco. Ormai non si può più parlare di servizi sociali senza riprendere in mano il tema del lavoro».
Lei dovrà semplificare le Asp.
«Sicuramente si dovrà andare verso un’unica azienda il più presto possibile. C’è bisogno di ottimizzare le risorse ma non solo. E’ urgente connettere di più le competenze. Anziani e minori, per dire. Separare le cose è un problema».
Nel frattempo, ha fatto pace con la Caritas e l’Opera Marella?
«Ho solo risposto a quel che avevano dichiarato. Dicono nessuno ci ha interpellati. Osservo che ormai da qualche anno non partecipano alla Consulta, per questo non li ho ancora cercati in veste istituzionale. Se poi le loro parole si devono tradurre così potremmo tornare, ben volentieri, magari, lo prendo come un regalo».