Romagna autonoma, Bonaccini frena. "Idea surreale" / SONDAGGIO

Il presidente della Regione contro la proposta della Lega. "Ma più aunomia gestionale premierebbe chi è virtuoso e con i conti in ordine"

Il governatore Stefano Bonaccini durante lo sbarco degli scrittori a Cervia

Il governatore Stefano Bonaccini durante lo sbarco degli scrittori a Cervia

Bologna, 24 agosto 2017 - Presidente Stefano Bonaccini, la Lega Nord chiede un referendum sull’autonomia fiscale regionale e sull’indipendenza della Romagna. Secondo lei la Romagna è una regione? «La Lega qui ha gettato la maschera. Altro che autonomia: vuole separare l’Emilia dalla Romagna. Proposta legittima, ma a mio parere semplicemente surreale». 

Il commento - Chiediamoci piuttosto se esiste l'Emilia

Perché? I romagnoli si sentono diversi dai cugini emiliani.  «Assieme, Emilia e Romagna mettono in campo tali e tante eccellenze e potenzialità che ci fanno competere con i territori più avanzati del mondo. Separate sarebbero entrambe più deboli».

Però c’è la questione identitaria. Anche Dante Alighieri parlò di Romagna come regione a sé stante, ricordano i più fieri. «Mi passi la battuta, ma sono convinto che oggi persino Dante mi darebbe ragione. Peraltro a inizio legislatura abbiamo ridotto i costi della politica, e oggi la Lega col suo progetto vuole raddoppiarli».

Non è che, come dice la Lega, avete paura dell’effetto ‘Brexit’ dando il voto in mano ai romagnoli? «Nutro seri dubbi che, pur a distanza di pochi mesi, la maggioranza dei britannici tornerebbe a esprimersi allo stesso modo... ma sono pronto a lanciare una sfida molto semplice ai leghisti».

Quale? «Tra due anni si vota per la Regione. Se quella di oggi non è solo propaganda, si presentino alle elezioni con la proposta scritta, così i cittadini si potranno esprimere».

Cosa rimane del progetto della grande provincia romagnola? «L’obiettivo potrebbe essere quello di avere un luogo nel quale concordare una strategia unica sui temi infrastrutturali e sullo sviluppo del territorio. E di farlo senza costi aggiuntivi, fondendo le tre Province attuali. Ma su questo a decidere devono essere i presidenti delle tre Province, insieme ai sindaci dei territori».

E lei invece cosa sta facendo per ottenere margini d’autonomia regionale, senza referendum? «Siamo la Regione prima in Italia per crescita e tasso di occupazione. Dunque abbiamo ottime performance. Per noi, l’unità nazionale è sacra. Siamo però convinti che sia giusto premiare chi è virtuoso e con i conti in ordine, dunque capace di esercitare nei fatti il buon governo. E più autonomia gestionale ci garantirebbe possibilità di crescere ulteriormente: così crescerebbe anche l’Italia».

Risultato ambizioso da ottenere senza strappi. Come? «Tramite la via costituzionale, l’articolo 116, che prevede forme di autonomia rafforzata alle Regioni virtuose. Abbiamo individuato le quattro aree: lavoro e formazione, impresa e ricerca, territorio e ambiente, salute. Una volta affinate le richieste, vi affiancheremo quante risorse servirà trattenere per gestirle». 

Un referendum come quelli di Lombardia e Veneto renderebbe più forti, in caso di vittoria, le vostre richieste. Perché no? «Maroni governa la Lombardia da quattro anni ed è stato tre volte ministro, Zaia governa il Veneto da sette anni e anche lui è stato ministro. Perché non hanno concesso autonomia pur essendo stati alla guida del Paese? È evidente la ricerca di un plebiscito da spendere politicamente per altri fini, in vista delle elezioni politiche e regionali in Lombardia».

Alcuni sindaci Pd voteranno sì. «Anche io voterei sì ai loro referendum, perché nel quesito si chiede solo se si è favorevoli a una maggiore autonomia: e chi mai direbbe no. Ma non indicano né per quali competenze, né per quante risorse. Dal giorno dopo dovranno cominciare daccapo, cioè chiedere un incontro al governo specificando bene cosa chiedono, nel merito. Dovranno cioè attivare lo stesso percorso al quale noi stiamo già lavorando».

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