Maurizio Bombi: "Un tubo e una cerniera, così nacque il mito di Cinzia"

Dalla pieghevole a Decathlon, la bici parla bolognese VIDEO L'intervista Segui il nostro speciale

Da sinistra, Maurizio Bombi e Sergio Maccaferri

Da sinistra, Maurizio Bombi e Sergio Maccaferri

Bologna, 25 agosto 2015 - Alzi la mano chi non è mai salito su una bici Cinzia (VIDEO). Si faccia avanti pure chi non ha mai ricevuto da papà, mamma o da un cugino grande la storica pieghevole, ma solo al termine di una sentita cerimonia di successione. I numeri, d’altronde, sono quelli delle teste di serie: dallo stabilimento della Cicli Cinzia di Osteria Grande sono usciti in mezzo secolo più di dieci milioni di biciclette. Oltre centomila nel 2014: erano arrivate a 350mila negli anni d’oro, poi sono crollate assieme a tutto il mercato delle due ruote, quindi eccole risalire grazie a una partnership con Decathlon. Una mossa vincente di Maurizio Bombi e Sergio Maccaferri. La seconda, dopo quella del 1967, quando ai loro genitori, due verniciatori di telai per moto, Giuseppe e Severino, venne in mente di applicare una cerniera al tubo di una bici da adulto e produrla in serie.

Maurizio Bombi, almeno metà degli italiani ha in casa una Cinzia. L’altra metà va in sella a una Weg Olanda, senza sapere che, in realtà, si tratta di una Cinzia. «È un marchio di bici che produciamo per la catena Decathlon». Ci perdoni, perché non Cinzia? «Vede, la regina del mercato italiano delle due ruote è la classica bici da donna. Un modello che la Btwin, marchio esclusivo della catena francese, non aveva. Glielo abbiamo proposto noi nel 2007, forti della nostra esperienza. E, visto che Decathlon per suascelta distribuisce solo marchi propri, è nato il marchio Weg Olanda». Un azzardo. «Quattordicimila bici in principio, diventate poi cinquantamila: la bici Weg, in Italia, è oggi il loro articolo più venduto. Cosicché hanno deciso di esportarlo: dal 2011 la produciamo anche a marchio Btwin per l’estero». Una curiosità assilla almeno tre generazioni: chi era Cinzia? (Ride, ndr). «Il primo prototipo di bici si chiamava Annabella, seguendo la moda dei tempi di dare nomi propri femminili agli oggetti. Ma c’erano già le pellicce, e c’era la rivista. Ne serviva un altro, che fosse familiare e simpatico: a mio padre venne in aiuto Cinzia, la figlioletta di un suo carissimo amico». In giro c’era già Graziella. «Fu la prima bici pieghevole, molto compatta, con la sua ruota da 16 pollici. La prima Cinzia era più grande, e questa fu la chiave del suo successo». La bici pieghevole conquistò il mondo, poi passò di moda. «Noi la producemmo fino al 2003, poi venne l’epoca delle bmx e delle mountain bike, che vendiamo ancora: il catalogo Cicli Cinzia 2015 comprende oltre 100 modelli. Compresa la pieghevole. Tornata in voga grazie agli americani». La crisi vi ha rubato i telai. «È vero. Non li produciamo più. Ma di fronte alla crisi che ha spazzato via o portato all’estero molti storici marchi italiani di bici occorreva scegliere. E tra stampare il metallo o costruire bici, se hai la fortuna di chiamarti Cicli Cinzia, ed essere cresciuto tra chi quelle bici le ha ideate e plasmate negli anni, lei cosa avrebbe scelto?».