Bob Dylan, concerto intimo tra body guard armate

Stasera e domani all’Auditorium Manzoni di Bologna

Bob Dylan (Foto Afp)

Bob Dylan (Foto Afp)

Bologna, 18 novembre 2015 – Nel ’71 toccò al singolo Hurricane, con le sue memorie di ring e di discriminazione, portare il Bob Dylan di Desire primo in classifica, la settimana scorsa ci ha pensato Francesco De Gregori. Due primi posti in circa cinquantacinque anni di musica rappresentano il massimo riconoscimento tributato finora dall’Italia alle canzoni del Vate di Duluth, in concerto oggi e domani al Manzoni di Bologna (e sabato e domenica agli Arcimboldi di Milano) con imponenti misure di sicurezza ufficiali e non (bodyguard armate in sala).

Un’esibizione, va detto, che non è un selfie con i fans, ma un atto di fede: perché Dylan rimane la massima incarnazione del principio che un artista appartiene solo a se stesso, non a chi lo ascolta, lo canta o lo legge. Anche se da qualche tempo il Never Ending Tour di Mr. Tambourine ha preso a sfatare diversi miti del passato, cominciando dal repertorio, non più libero, imprevisto e imprevedibile, ma cristallizzato attorno a venti pezzi inamovibili raggruppati in due tempi con Blowin’ in the wind e Love Sick per bis. Canzoni in buona parte ripiegate sugli ultimi due dischi, Tempest e la raccolta di cover Shadows in the night da cui Bob-Robert Allen Zimmerman attinge omaggi a Frank Sinatra ma anche al Cy Coleman di Why try to change me now o all’Yves Montand di Autumn leaves.

Un crooner che in questa impresa è affiancato da una delle sue migliori band di sempre; quella formata da Tony Garnier, Charlie Sexton, George Recile, Don Herron, Stuart Kimball. Già perché Dylan lo puoi scomporre e ricomporre, come un puzzle, ma sempre Dylan rimane. «Quanto alla direzione da prendere posso scordarmi di avere dei giudizi unanimi dal pubblico» va ripetendo l’uomo in cerca di risposte soffiate dal vento. «Un tempo alcuni prediligevano le canzoni del primo periodo, altri del secondo, altri ancora quelle della fase cristiana...Ora queste distinzioni sembrano aver perso valore e chi viene ai concerti non si appassiona più all’anagrafe delle canzoni ma alla visceralità che riescono ad esprimere».

Intanto, se Amore e furto di De Gregori rappresenta l’ennesimo omaggio-tradimento verso uno dei repertori più saccheggiati della storia della musica, a ricodificare il formidabile Bob degli anni Sessanta è appena arrivato nei negozi The Cutting Edge 1965-1966, dodicesimo volume delle Bootleg Series, preziosissima perquisizione dei cassetti di un biennio magico; quello dell’epocale svolta elettrica e di tre capolavori assoluti come Bringing it all back home, Highway 61 revisited e il doppio visionario Blonde on Blonde. Un balzo da folksinger a rocker documentato nelle varie versioni del cofanetto con un rosario di provini, versioni alternative, registrazioni mai ultimate da cui nacquero le tre pietre filosofali. Ce n’è pure una iper-esclusiva per dylaniani dylaniati da 18 cd, tirata in 5mila copie numerate e venduta solo sul sito dell’artista alla bella cifra di 599,99 dollari. Prometeo continua a rubare fuoco agli dei e a lasciar «rotolare» quel «tuono» che nel linguaggio dei Nativi Americani significa «verità parlante». 

FOTO Lo show al Lucca Summer Festival

FOCUS De Gregori canta Bob Dylan

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