Teatro Comunale Bologna, il premio Abbiati alla Bohème di Mariotti-Vick

I ricordi di Mariangela Sicilia, dal 28 in ‘Traviata’

Mariangela Sicilia (Mimì) tra Francesco Demuro (Rodolfo) e Andrea Vincenzo Bonsignore (Schaunard) nell’allestimento della ‘Bohème’ che ha vinto il Premio Abbiati

Mariangela Sicilia (Mimì) tra Francesco Demuro (Rodolfo) e Andrea Vincenzo Bonsignore (Schaunard) nell’allestimento della ‘Bohème’ che ha vinto il Premio Abbiati

Bologna, 16 aprile 2019 - Non che il Teatro Comunale non sia avvezzo a conquistarne a piene mani (tre nel 2015, l’anno dopo la palma di miglior direttore a Michele Mariotti, la scorsa edizione il premio per Medeamaterial di Pascal Dusapin), ma ogni volta che l’‘Abbiati’, deciso dall’Associazione Nazionale Critici Musicali, sbarca da queste parti è comunque un motivo d’orgoglio. Stavolta è toccato alla ‘Boheme’ della coppia Graham Vick in regia e Michele Mariotti sul podio andata in scena per l’apertura della stagione lirica 2018.

Nella parte di Mimì, Mariangela Sicilia, il soprano calabrese adottato da Bologna undici anni fa, che in questi giorni è già al Manzoni per le prime prove di ‘Traviata’ che debutterà il 28 e rimarrà in cartellone fino all’8 maggio in sala Bibiena dopo il battesimo del 2017 al Festival Verdi con il progetto vincitore del Premio OperaEuropa realizzato da Andrea Bernard. «Da domani saremo in palcoscenico», annuncia entusiasta di questa nuova parte, «un ruolo che è un punto d’arrivo per la pienezza di sfaccettature che impedisce di possederlo appieno perché ogni volta scopri sempre cose nuove». E sempre domani alle 18 nel foyer Respighi ci sarà un’introduzione al titolo di Lella Costa.

E della Mimì di Vick-Mariotti che ricordi ha?

«Mi ricordo che ogni volta che tornavo a casa piangevo perché regista e direttore riuscivano a far partecipe tutto il cast delle sfumature della partitura e abbiamo costruito insieme lo spettacolo. Un lavoro corale, intenso che in queste ore di vittoria dell’Abbiati ha scatenato un invio tra noi di tanti messaggi proprio perché ci siamo sentiti protagonisti di un grande evento, di quelli che fanno perdere al pubblico la cognizione di tempo e spazio per trascinarli in un’altra dimensione».

C’è qualcosa che accomuna le due eroine di Puccini e Verdi?

«Hanno entrambe un’origine bohémien. Anche Violetta arriva a Parigi poco più che grisette, poi lavora in lavanderia, ma evolve in cortigiana perché quel mondo l’attrae in modo spasmodico, vuole arrampicarsi al top della scala sociale, tanto da non riuscire a smettere di farsi mantenere e di scalacquare patrimoni anche quand’è già malata».

Sono anche emblemi dell’amore...

«Tutte e due si danno in maniera diretta e a cuore aperto, anche se l’epilogo di questo sentimento esagerato diverge. L’una muore sola, Rodolfo e gli amici la lasciano cadavere chiudendosi la porta alle spalle, l’altra, invece, spira tra le braccia delle persone da cui vuole sia riconosciuta la sua umanità e perdonata».

Quale Violetta le sta chiedendo il regista Bernard?

«L’ambientazione è contemporanea e il personaggio è una giovane donna che combatte con i suoi demoni interiori. Lotta per farsi riconoscere per quella che è, una persona di buon cuore schiacciata da un passato pesante che vorrebbe cancellare ben sapendo che però solo quel pregresso le ha permesso di arrivare dov’è. La debuttai a Napoli con lo stesso maestro di oggi, Renato Palumbo, e la regia di Ozpetek, ma in una versione più tradizionale».

Mimì è arrivata dopo essere stata tante volte Musetta, ‘Traviata’ è un ulteriore step di carriera. Dove la condurrà ora?

«Intendo fare le cose giuste al momento giusto, passo dopo passo, esplorando altri repertori come quello francese e personaggi che abbiano un peso storico e siano realmente esistiti».

Quale escamotage servirebbe al melodramma per acquistare pubblico?

«I giovani non lo sentono vicino perché non lo conoscono. Quando provano a venire, poi non smettono più, capendo che dentro quei lavori c’è un pezzo di vita, ci sono i nostri sentimenti e anche il nostro recitar cantando è un modo per veicolare una morale, esattamente come il teatro o il cinema».

 

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