Davide Shorty: "Bologna un mito, patria dell'hip hop italiano"

Il cantante, ospite della nostra newsletter, vive a Londra. Ma la sua educazione musicale ha radici sotto le Due Torri

Davide Shorty all’ultimo Festival di Sanremo si è aggiudicato il premio ‘Lucio Dalla’

Davide Shorty all’ultimo Festival di Sanremo si è aggiudicato il premio ‘Lucio Dalla’

Bologna, 29 marzo 2021 - Trentun anni vissuti molto intensamente. Davide Shorty, che al 71° Festival di Sanremo si è aggiudicato il premio «Lucio Dalla» nelle nuove proposte con la canzone «Regina», viaggia alla ricerca di se stesso e della musica da quando ha 15 anni. Palermitano di nascita, da 11 anni vive a Londra, ma la sua educazione musicale ha radici bolognesi. Sotto le Due Torri è arrivato la prima volta all’inizio degli anni Duemila, inseguendo la «ballotta» del freestyle, sognando con le parole di Inoki e vivendo la scena hip hop sul mito degli anni Novanta, del Link e del Livello 54. Una vita intensa e un secondo disco intitolato «fusion» da solista, dopo «Straniero», che uscirà il 30 aprile e vedrà, tra le altre, la partecipazione di Sans Soucis, cantante e producer modenese che come Shorty, da tempo vive a Londra.

Lei vive a Londra da tempo ma è stato anche bolognese.  «Bologna per me è una seconda casa perché fin da piccolo avevo il mito di questa città che era la capitale dell’hip hop italiano. Pensavo al Link, al Livello 54, questa era la città da raggiungere per trovare la gente che faceva freestyle. Andai per la prima volta a fare un’esperienza in un campus in provincia e un ragazzo che lavorava lì, mi fece scoprire la Montagnola dove si trovavano gli altri rapper. Quando nel 2018 ho iniziato a lavorare coi Funk Shui Project, il cui producer Nutty Dub si era trasferito a Bologna, la sua casa, che divideva con quello che è poi diventato il mio manager, Francesco Tenti, è diventata la mia base... invece di tornare a Londra restavo sotto le Due Torri».

Il suo nutrimento musicale l’ha trovato qui?  «Sì, a 14 anni ascoltavo Sangue Misto, Inoki. Quando uscì «60 Hz» di Dj Shocca che conteneva «Bolo by Night», lo trovai un super pezzo... e quando per la prima volta a 16 anni ho camminato sotto i portici, ho iniziato a vivere tutto quello che avevo solo immaginato quando abitavo a Palermo. La formazione poi, è avvenuta a Londra, dove ho iniziato a fare tutte le jam».

La sua odissea di esperienze l’ha riunita nel brano «Cervello in fuga», un ringraziamento ai suoi genitori che non l’hanno mai ostacolata? «La prima strofa è per mia mamma e la seconda per mio papà. Sono sempre stato un irrequieto, ma loro l’hanno ben capito che Palermo, ma soprattutto la mentalità delle persone che mi stavano attorno, mi stavano strette. Hanno fatto tanti sacrifici perché io potessi vivere tranquillo altrove».

Il titolo del suo secondo album in uscita, «fusion», è anche un aggettivo che si addice alla sua vita, alla musica che non ha confini e ama le contaminazioni. «Mi affeziono tanto alle persone, all’energia delle situazioni, ogni volta che sento che una cosa mi fa bene cerco di starle vicino, di fare in modo che quella cosa si evolva. Quando ho conosciuto i ragazzi dei Funk Shui che sono di Torino e si sono trasferiti a Bologna, era giusto che stessi lì. Quando da piccolo andai per la prima volta a Londra e pensai che avrei voluto viverci... alla fine ci sono andato». 

Tanti cambiamenti, qual è il più importante?  «Un cambiamento importante è avvenuto alle scuole medie, dove ero molto bullizzato perché ero diverso dagli altri, perché volevo portare i capelli lunghi, volevo vestire largo, volevo fare rap mentre i miei coetanei pensavano al calcio e alle ragazze, ma non alla musica. Poi ho smesso di mettermi in paragone con gli altri e di attivare una competizione malsana». 

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