Bologna, 13 gennaio 2022 - In scena c’è una torre altissima. Una torre che è anche una libreria e che all’interno nasconde una serie di gradini. Ma attenzione: negli scaffali non sono ospitati libri, ma medicine, e quella scala a chiocciola non allude ad altro che alla follia. È in questa prigione immaginaria che si muove l’Argante di Emilio Solfrizzi, un uomo che si serve della malattia per non affrontare le insidie della vita. Arriva da domani a domenica al Duse Il malato immaginario , l’ultimo testo scritto da Molière (che morì, guarda caso, in scena durante una replica) adattato e diretto da Guglielmo Ferro con Solfrizzi protagonista di un nutrito cast. "Il malato immaginario ha più paura di vivere che di morire", scrive il regista per ribadire la contemporaneità di un personaggio tradizionalmente vittima di intrighi familiari, medici scrocconi e fantasmi della mente. Solfrizzi, la sua età non è esattamente quella dell’Argante a cui noi siamo abituati... "È vero, questo è un ruolo che in genere affrontano attori un po’ in là con gli anni. La scelta di un Argante che abbia ancora una certa prestanza fisica induce però a pensare a quanto quei malanni siano finti e a come quest’uomo sia in fondo in fuga dalla vita proprio per preservarla. S’aggrappa all’esistenza non vivendola. Non abbiamo compiuto nessuna modernizzazione: i costumi sono d’epoca, i caratteri grotteschi intatti, l’autenticità del testo assoluta". Cosa significa recitare un simile copione al tempo dei contagi? "Vien da chiedersi quanti Argante abbia prodotto la pandemia, quanta gente continui a rinunciare al cinema, al teatro e alla socialità per timore, richiudendosi nella propria torre. La paura sociale si paga, oltre che umanamente, anche economicamente con la decrescita dei consumi culturali". Quest’anno si celebrano i 400 anni della nascita di Molière. Il suo spettacolo ...
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