Gabriele Lavia: "Quando un romanzo diventa teatro"

‘Le leggi della gravità’ con Federica Di Martino da oggi a domenica in scena al Duse

Gabriele Lavia, 79 anni, attore, regista e sceneggiatore da oggi a domenica al Duse

Gabriele Lavia, 79 anni, attore, regista e sceneggiatore da oggi a domenica al Duse

Bologna, 3 dicembre 2021 - Piove di notte su Le Havre, in Normandia. Una donna entra in commissariato per confessare l’assassinio del marito avvenuto 10 anni prima: il caso era stato chiuso come suicidio, secondo gli inquirenti l’uomo si era buttato dall’undicesimo piano. Ora però lei afferma di averlo spinto e la sua confessione giunge a una sola ora dalla scadenza dei termini di legge necessari per riaprire il caso. Succede che nello squallido stanzone, la donna si trovi di fronte a un vecchio commissario alle soglie della pensione che sembra non volerla arrestare. E il confronto fra i due apre una serie di interrogativi. Si intitola Le leggi della gravità lo spettacolo che Gabriele Lavia e Federica Di Martino presentano al Duse da oggi a domenica. Il testo è tratto da un romanzo francese di Jean Teulé.

Lavia, come mai stavolta ha pensato a un romanziere e non a un autore teatrale? "Non è la prima volta che adatto racconti per la scena, è tutto nato in modo casuale. Quando la pandemia mi ha costretto a rinunciare a Il re muore di Ionesco per via dei rischi legati alla presenza di molti attori, mi è capitato tra le mani questo romanzo mai tradotto in italiano. Ho capito che ci potevo tirare fuori qualcosa di buono. Ci ho lavorato, l’ho ristretto, arricchito e alla fine è uscito uno spettacolo molto gradito al pubblico". Cosa contrappone i due personaggi? "Entrambi cercano giustizia, ma le loro idee divergono. Che cos’è la colpa? Come si misura la legge? Come prendere coscienza dei fallimenti? Ho voluto che attorno al dialogo fra i due personaggi si avvertisse un mondo: il passaggio di un treno, i tuoni, l’acqua. Ho posto un orologio al centro della scena perché tutto, nella finzione, deve terminare a mezzanotte. Alla fine la scenografia cadrà per mostrare che ogni cosa è finzione. Ma fino a che punto?". Lei sostiene che a teatro i buoni non funzionano. Chi sono allora questi due personaggi? "Lei è un’assassina, lui un ometto dalla moralità strana. A teatro ‘buono’ deve essere il pubblico. Anche la persona più nefanda quando siede in platea diventa idealista. Fin dall’antichità il teatro è depositario del giusto e l’uomo si è riconosciuto per la prima volta quando si è visto rappresentato da un altro uomo che fingeva di essere un altro ancora". Il suo prossimo spettacolo? "Nella seconda parte di stagione torno a Pirandello, al Berretto a sonagli . É un autore che mi accompagna da sempre e che prediligo fin da quando ero bambino. Conservo ancora i libri sottolineati che mi leggeva mia nonna. È un testo molto particolare, scritto da Pirandello per Angelo Musco, previsto in scena in realtà soltanto due volte". Come risponde il pubblico in un periodo così difficile? "Gente ce n’è, non come prima, ma ce n’è. Bisognerà superare questa maledizione per rivedere i teatri esauriti".  

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