Guccini compie 80 anni. "Lui, Lucio, il tarocchino"

Paolo Pagani, figlio dell’oste Vito di via Paolo Fabbri, racconta storie e aneddoti. Gli auguri di Merola e Zuppi

Da Vito Guccini mangiava frittata, salama da sugo o cotechino

Da Vito Guccini mangiava frittata, salama da sugo o cotechino

Bologna, 14 giugno 2020 - A Francesco Guccini sono arrivati anche gli auguri del sindaco Virginio Merola e del cardinale Matteo Zuppi. Merola ha chiamato Guccini, via Facebook, e lo ha ringraziato («per quello che sei, per quello che fai») portandogli i saluti della città. Poi un invito a pranzo («sul Crescentone»), due chiacchiere sulla salute («saltavo i fossi per la lunga, oggi nemmeno per la larga», dice Guccini), e l’inevitabile accenno alle canzoni. Merola ama ‘Bologna’, anche per Guccini «una delle mie migliori». In una lettera pubblicata ieri sull’Osservatore Romano, Zuppi ripercorre l’amicizia che lo lega all’artista e i profondi valori condivisi. «Ecco perché ci siamo incontrati, Francesco – scrive l’arcivescovo –: stiamo insieme alla ricerca dell’uomo, dentro di noi e fuori di noi, dell’uomo vero che irragionevolmente e anche misteriosamente vuole vivere bene, che cerca la giustizia, che non si rassegna». Zuppi cita poi un verso de L’avvelenata: «Insomma, ‘dati causa e pretesto’ hai fatto bene a tirare avanti, a raccontare tante cose per chi vuole ascoltare».

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Si aspettava l’alba, a volte, da Vito, la trattoria di via Paolo Fabbri dove è nata la ‘leggenda’ di Bologna città della canzone d’autore. A quei tavoli, Francesco Guccini, Lucio Dalla e i loro amici non si sedevano solo per mangiare, ma per discutere delle sorti del mondo in interminabili serate a base di agguerrite partite di tarocchino bolognese. Atmosfere irripetibili che verranno rievocate oggi negli studi di registrazione Fonoprint (Via Bocca di Lupo, 6) in occasione di Buon compleanno Francesco! , quattro appuntamenti per festeggiare gli 80 anni del ‘maestrone’ in compagnia di chi lo conosce bene. Si alterneranno, ogni ora dalle 15 in poi, il fumettista Vittorio Giardino (collegato in remoto), il percussionista Ellade Bandini, lo scrittore Loriano Macchiavelli, il chitarrista Jimmy Villotti con gli amici del bar, e delle partite a carte, Giulio Predieri, Sergio Caprara, Tobia Righi e Paolo Pagani, figlio di Vito, che adesso conduce la trattoria. Prenotazione obbligatoria su www.fonoprint.com.

Leggi anche Festa social con Ligabue e Bonaccini - "Noi e Francesco, formidabili quegli anni" Pagani, per Guccini Vito non era solo il suo ristorante preferito . "Per nulla. Francesco arrivava qui non in orari da cena, spuntava verso mezzanotte e non andava via mai prima delle 4 di mattina. Non prima che finissero le agguerrite competizione di tarocchino bolognese, un gioco di carte nato nelle corti europee nel ‘500, che qui ebbe grande fortuna e divenne, caso unico nella storia, un gioco popolare, che faceva incontrare i nobili e il popolo. Erano le uniche occasioni nelle quali un ciabattino aveva pari dignità di un marchese. E questo ha sempre affascinato Francesco" Era un bravo giocatore? "Si difendeva, è diventato persino l’immagine dell’Accademia del Tarocchino Bolognese, ma le carte erano un pretesto per parlare d’altro, di politica, di cultura, per tirare tardi, ogni sera andava in scena il rito di amicizie consolidate, ma anche di innocenti rivalità. E io, nel mezzo, che cercavo di far convivere, in trattoria, anime diverse della notte bolognese". Ci faccia un esempio . "Francesco era l’abituale occupante di un tavolo all’ingresso, mentre poco più in là, ma rigidamente separati, sedevano Lucio Dalla e il suo gruppo di amici. Due mondi vicinissimi, ma che non comunicavano. Troppo diversi, Guccini, il filosofo e Dalla, sempre scherzoso, irriverente. Mai che abbiano giocato a carte allo stesso tavolo. Anzi, il gioco era un ulteriore motivo di divisione".

Per quale motivo? "Non so se per affinità reale o per il solo piacere di fargli un dispetto, Guccini aveva legato con una delle persone alla quali Dalla teneva di più. Il suo insostituibile manager e produttore Renzo Cremonini. E lo invitava sempre a sedersi con lui per giocare. E questo ‘tradimento’ Lucio proprio non lo poteva sopportare". Quale è l’aspetto di Guccini che più risaltava nella sua frequentazione dell’osteria? "La straordinaria cultura. Francesco leggeva un libro al giorno, si sedeva a tavola, mangiava sempre gli stessi cibi, una frittata, oppure la salama da sugo o il cotechino e apriva il volume del momento. Noi lo chiamavamo ‘maestro’ perché aveva studiato alle magistrali e quindi poteva insegnare, ma era un maestro vero, coltissimo. A volte, dopo le 4, quando lui era già andato a casa, nascevano in trattoria discussioni sull’etimologia di una parola e, immancabilmente, per dirimere le diverse posizioni, chiedevamo a lui. Gli telefonavamo e, come se fosse in cattedra, ci spiegava tutto".

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