Ispettore Coliandro, la serie tv attira i turisti a Bologna

La serie interpretata da Giampaolo Morelli veicolo di promozione. I fratelli Manetti: “Volevano farci cambiare città, ma abbiamo rifiutato”

Giampaolo Morelli, interprete dell’ispettore Coliandro, durante le riprese della serie in centro

Giampaolo Morelli, interprete dell’ispettore Coliandro, durante le riprese della serie in centro

Bologna, 24 ottobre 2018 – Come se fosse un’opera d’arte. Una installazione permanente che fa cerniera tra la città e l’esterno. Tra l’identità locale e i flussi che, continuamente, la modificano, la arricchiscono. Fosse per Marco Manetti, uno dei registi, insieme al fratello Antonio della serie tv di successo Coliandro, l’ufficio del commissario De Zan, ricostruito all’interno dell’Autostazione di Piazza XX settembre, con grande vetrata sulla strada, dovrebbe sempre essere aperto, fruibile allo sguardo dei passanti, parte integrante di un luogo che simboleggia il presente e il futuro della città. Perché, ha rivelato, l’Autostazione è un luogo del quale la produzione si è innamorata, tanto da ‘trasferire’ lì gli uffici della Questura, uno spazio che sintetizza l’anima del questurino più amato d’Itala. Senza Bologna e senza Morelli, spiega non esisterebbe Coliandro.

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«La Rai ci aveva chiesto di cambiare città, di girare a Bari. Abbiamo rifiutato. Sarebbe un altro film. Sino a quando ci sarà, Coliandro sarà sempre per le vie di Bologna». Un rapporto, quello tra la serie e il capoluogo emiliano, che è stato al centro di un approfondito studio da parte della società StageUp insieme a Ipsos, che lo ha presentato ieri, con il suo consigliere delegato Giovanni Palazzi, l’assessore al bilancio Davide Conte e il presidente di Autostazione David Pierinelli.

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I dati sono sorprendenti. Intanto da un punto di vista numerico. Sono infatti oltre 11 milioni gli spettatori che almeno una volta hanno guardato gli episodi. Un numero altissimo, considerato che la serie va in onda su Rai Due e non sulla rete principale (dove Don Matteo, ad esempio, raggiunge i 14 milioni). Di questi, oltre il 40% ricorda, anche mesi dopo, che la fiction è ambientata a Bologna e il 29% non ha mai visitato la città. Un bacino enorme, quindi, di possibili presenze, considerando poi che un complessivo 38%, con sfumature diverse, ha voglia di venire in città proprio perché affascinata dalle riprese e dalla maniera nella quale il capoluogo è descritto.

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«Tutto questo – ricorda Manetti – senza mai indulgere in una narrazione troppo patinata. La nostra Bologna ha le caratteristiche di una metropoli, Coliandro è un poliziotto ed è quindi naturale che le storie scritte da Lucarelli e Rigosi abbiano risvolti drammatici, violenti anche. Sono avventure nelle quali le periferie, itinerari che sicuramente non comparirebbero in alcuna guida turistica, hanno un ruolo importante».

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Sceneggiature e riprese che hanno bisogno di almeno quattro mesi di esplorazione, durante i quali i due Manetti vanno in giro in auto alla ricerca degli scorci migliori dove far vivere le puntate. «Bologna è una fonte inesauribile, le sue periferie hanno un’immagine ben definita, che continua a stupirci perché ogni volta scoviamo strade, piazze, palazzi che sembrano costruiti apposta per gli episodi. E stiamo pregando gli autori di immaginare un racconto dove l’ispettore incontri il mondo del basket. Siamo tifosi della Fortitudo da sempre, la seguiamo in trasferta, e vedere il nostro eroe al Palazzo a sostenere la nostra squadra del cuore, è un desiderio che speriamo si avveri».

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