Jasmine Trinca a Bologna, da Cannes al cinema Galliera

La nota attrice italiana racconta del suo debutto come regista: "I film muti sono stati d’ispirazione. Così come i ricordi di mia madre"

Jasmine Trinca, romana, classe '81. Il suo primo lungometraggio è intitolato 'Marcel'

Jasmine Trinca, romana, classe '81. Il suo primo lungometraggio è intitolato 'Marcel'

Bologna, 3 giugno 2022 - 'Marcel!' è il primo lungometraggio di finzione diretto da Jasmine Trinca , reduce da Cannes dove l’ha presentato. E questa sera arriva in città per salutare il pubblico del cinema Galliera, prima della proiezione delle 21.30 che inaugura ’Soppa chi c’è in sala – sei appuntamenti undergorund con gli autori ’ fino al 22 giugno.

Signora Trinca, ’Marcel!’ è un film che permette allo spettatore di entrare in un territorio di grandi silenzi e spazi ampi. Perché ha scelto una narrazione di questo tipo?

"Il passo del racconto intimo può avere un tempo morbido, di elaborazione, e corrisponde anche a come siamo arrivati a mettere su questo film, con un’elaborazione di tanti anni, di vissuto, cercando di rileggerlo in maniera completamente raffigurata. Inoltre il cinema muto è una mia grande ispirazione e con Francesca Manieri ci piaceva l’idea di scrivere un film in cui i dialoghi fossero veramente ridotti all’essenziale. E dove i personaggi, più che figure specifiche, pur partendo da una storia autobiografica, fossero dei simboli, degli archetipi, senza un nome proprio perché corrispondono a una chiave di lettura di quel ruolo. Cercavamo il passo lieve, una commedia dove esistessero il pianto e il riso insieme".

Lei cita il cinema muto e in questa cornice i dieci capitoli del film introdotti da frasi divinatorie, ricordano proprio i cartelli delle pellicole primordiali...

"I cartelli hanno questo valore. Tutto parte dai Ching, che sono un’arte divinatoria della realtà e della lettura del futuro che viene fatta attraverso il lancio di queste monete. A seconda di come esce la combinazione delle monete si ottiene un esagramma che dà una lettura molto critica del reale e del futuro. I dieci capitoli sono veramente 10 esagrammi che per me idealmente danno significato a questa madre che tirando la sua sorte compone anche la sua strada. I Ching sono una cosa che mi porto dall’infanzia".

Li usava sua madre?

"Sì. Tutto parte da una memoria d’infanzia in cui lei, fino a tarda notte, tirava le monete per capire quale fosse la sua e la nostra strada. Una donna molto pragmatica, per quanto ho letto, ma con un lato così visionario e sognatore. Pragmatica nella misura in cui dovevamo andare avanti perché non avevamo niente, però molto spirituale e abitata anche da una forma di sincretismo, perché faceva i Ching, era buddhista poi cristiana, ma sempre molto in dialogo con l’assoluto, molto spirituale".

Come porta in scena sua madre, Alba Rohrwacher?

« Insieme avevamo già fatto il corto ’BMM-Being My Mom’, che era giocato sul ribaltamento di ruolo tra una mamma e una figlia, ed era un piccolo lavoro da cui siamo partite per scrivere poi un lungometraggio. E’ ancora strano, nella nostra società, trovare una madre che trascura un figlio e segue i suoi sogni, riversando per di più grande affetto sul cagnolino, il mitico Marcel. Sicuramente è abitata da un’idea alta dell’arte, non la capisce nessuno, ma lei è convinta di portare un’arte assoluta nel mondo. La sua è una missione: salvo poi, nel passaggio di consegne con la figlia, mostrarci come una madre non oblativa e devota, sia comunque in grado di dare amore. E una testimonianza di quelli che sono i valori assoluti nella vita".