Manuel Agnelli sull’asse Bologna Berlino

In un docufilm in onda su Sky Arte il musicista ‘riscopre’ l’archivio di Maurizio Stanzani: 50 ore di immagini all’ombra del Muro

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Bologna, 9 novembre 2019 - Nel 1985 in San Donato nacque il Q.BO, il locale di Maurizio Stanzani , manager e gestore illuminato, che ha allevato generazioni di appassionati di musica. Stanzani, oltre a portare le band più interessanti in circolazione sotto le Due Torri, ha percorso la strada Bologna-Berlino più e più volte all’inizio degli anni Ottanta, armato di una telecamera analogica e un operatore, filmando locali, punk e band berlinesi che si esibivano a ridosso del Muro: voleva portarle qui e creare una vera e propria asse creativa tra le due città.  

Le oltre 50 ore di girato originale e inedito, ritrovate nel suo prezioso archivio, diventano oggi un docu-film in onda questa sera alle 21.15 su Sky Arte, diretto da Enza Negroni , intitolato Berlino Est Ovest , con protagonista Manuel Agnelli che nella Berlino divisa, ha vissuto e ricercato quelli che erano i suoi miti musicali (David Bowie, Einstürzende Neubauten, Nick Cave, Iggy Pop) e che oggi ripercorre il viaggio di Stanzani con una narrazione profonda e suggestiva.  

Agnelli, intanto come va la vita senza ‘X Factor’? «Morbida. Anche perché nel frattempo ho fatto Ossigeno , il mio programma su RaiTre con cui ho continuato a fare televisione, però a modo mio, coi miei tempi e i miei contenuti. E tra l’altro, questa sorta di visibilità nazionalpopolare, un po’ è rimasta, e quando vado in giro non ho ancora subito il distacco, ne vivo ancora tutti i benefit». Diventando un personaggio della televisione nazionalpopolare, ora sarà anche più interessante dedicarsi a esperienze come quella del film su Berlino, che può essere vista da un pubblico comunemente poco interessato a certe cose. Che ne pensa? «È vero, da quel punto di vista la cosa funziona. C’è qualcuno che si incuriosisce, che non aveva mai provato un certo tipo di cosa. Ci sono addirittura persone che da X Factor in poi, hanno iniziato ad andare ai concerti, non c’erano mai stati a sentire un gruppo dal vivo e non si creda che sia raro, può succedere anche questo oggi tra i ragazzi». Chi la vedrà nel film camminare per le strade di Berlino oggi, con una narrazione che congiunge perfettamente il passato al presente, scoprirà un lato di Manuel Agnelli ancor più lontano dalla cultura di massa... «Anche questa cosa mi preme tanto, quella di trasmettere delle esperienze, perché la mia generazione c’è riuscita fino a un certo punto, credo. C’è stato un corto circuito, un gap generazionale enorme con questa nuova generazione che non sa niente, non conosce e vedere che in passato c’era quel tipo di città dove si respirava non solo una libertà artistica ma anche proprio sociale, secondo me può fare molto bene». Lei cos’ha provato ripercorrendo Berlino attraverso l’archivio di Stanzani? «Non conoscevo l’esistenza dell’archivio e la cosa che mi ha sorpreso è quanto lui abbia ripreso o fotografato. A quei tempi non era per nulla facile entrare nei club e nei luoghi di un certo tipo con la telecamera, tanto che io ricordo benissimo di aver fatto solo qualche fotografia molto personale, a casa degli amici, per strada, l’attitudine era quella di non farlo nei luoghi di un certo tipo, al Trash o al Loft o all’ SO36. Credo che lui abbia avuto una lungimiranza, un’empatia e un carisma unici nel farlo». Un’esperienza forte... «Alcune cose che ho visto mi hanno risvegliato delle sensazioni che avevo dimenticato, non parlo di ricordi, ma proprio sensazioni». Qual è la sua Berlino? «Ci sono andato spesso, sia prima che dopo la caduta del Muro. La prima volta nel 1987, poi nel 1989 e 1991, poi a suonare varie volte. La mia testimonianza è quella di fare da collante a tutte le altre che sono narrate».  

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