Bologna piange Raffaella Carrà. "Ci ha insegnato la libertà"

Scomparsa a 78 anni. I ricordi di Pierferdinando Casini, Virginio Merola, Matteo Lepore, Vincenzo Branà

Una giovane Raffaella Carrà (Fotowall di Walter Breveglieri,  edizioni Minerva)

Una giovane Raffaella Carrà (Fotowall di Walter Breveglieri, edizioni Minerva)

Bologna, 6 luglio 2021 - E ritornare al tempo che c’eri tu... per abbracciarti e non pensarci più su...". Raffaella Carrà, 78 anni compiuti il 18 giugno scorso, se n’è andata senza fare ‘rumore’. Ma l’annuncio della sua scomparsa, affidato alle parole del compagno di una vita Sergio Japino, è stato una bomba che ha fatto precipitare nella tristezza l’Italia, la Spagna, il mondo.

E a Bologna l’eco è stato ancora più forte. Perché proprio qui, nel buio di una Bologna in guerra, il 18 giugno del ’43 Raffaella Carrà, al secolo Raffaella Maria Roberta Pelloni, aveva aperto gli occhi. E mosso, appena un paio di anni dopo, i primi passi sulle punte, piccolissima, al Teatro Comunale. Ce l’aveva portata la mamma Iris, vedendola ballare in casa: "Decisi di farla studiare. La portai al Teatro Comunale, dalla signora Volta che era maestra di danza classica. Non la volevano accettare perché era troppo piccola, ma io a Bologna ero molto conosciuta e mi fecero questo favore", aveva raccontato in un’intervista, alla fine degli anni ’80.

"Bologna, dove sono nata, era il luogo delle fatiche, del dovere e dell’impegno scolastico sotto gli occhi vigili di mia madre Iris", ricordava la stessa cantante, attrice, presentatrice, artista a tutto tondo, scomparsa ieri. Chiudendo un’epoca. Fatta di lustrini, allegria, speranza. "È stata così importante per tutti gli italiani – l’ha ricordata il senatore Pierferdinando Casini – che il suo rapporto con Bologna appere secondario. Ha saputo essere la donna di tutti gli italiani, cantava e trasmetteva rilassatezza, senza essere mai volgare. L’avevo invitata al Diana, saremmo andati a pranzo insieme. Non ne abbiamo avuto il tempo".

Poliedrica, intelligente, libera, Raffaella Carrà aveva abbandonato Bologna (e Bellaria, dove passava le sue estati bambina) a 8 anni, per Roma. Ma a Bologna tornava spesso: nel 2010, era stata premiata in Cappella Farnese dalla rivista ‘Infanzia’; era tornata poi nel 2012, dopo il terremoto dell’Emilia, per partecipare all’evento di solidarietà al Dall’Ara: "Dobbiamo fare tanto, ma tanto rumore per smuovere la burocrazia", aveva detto. E assieme a Topo Gigio, appena tre anni fa, era stata tra i protagonisti di ‘Un Natale d’Oro Zecchino’, all’Antoniano.

Ora, questa Bologna che aveva amato con discrezione di bambina, la piange e rimpiange: "Una figlia di Bologna che con la sua città di nascita aveva mantenuto un rapporto intimo e profondo. Grazie Raffaella Carrà, hai dato tanto a questo paese e a tutti noi", ha scritto su Facebook il sindaco Virginio Merola. "Autentica, libera, coraggiosa. Una pioniera, una grande artista. Ha contribuito a rendere il nostro Paese più emancipato, giusto, libero", l’omaggio dell’assessore alla Cultura Matteo Lepore.

Pure Il Bologna si è commosso: "Addio Raffaella, artista meravigliosa. Partendo da Bologna hai conquistato il mondo grazie al tuo talento e alla tua straordinaria professionalità".

La libertà di Raffaella Carrà l’ha resa l’icona gay più amata in Italia: "Era come la cometa di Halley: l’abbiamo guardata, c’ha abbagliato. Intoccabile, ma non per questo meno vera e vi cina. Ci mancherà", il saluto di Vincenzo Branà.

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