Teo Ciavarella: "Bologna respira ancora jazz"

Dalla Doctor Dixie alle jam session con Lucio Dalla: "Negli anni ’80 si suonava in tutti i locali e le cantine"

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Bologna, 2 febbraio 2021 - Nelle storiche cantine del jazz al fianco di Nando Giardina e della sua Doctor Dixie, insieme a Lucio Dalla nel Gargano tanto amato dal cantautore, per le vie medievali del centro storico con le ‘brass band’ delle università internazionali. Pianista, compositore, direttore d’orchestra, docente al Conservatorio, Teo Ciavarella ha portato il linguaggio del jazz che nasce a Bologna in giro per il mondo. Sempre mescolando il suo forte attaccamento alla città dove lui, pugliese, vive dagli anni ’80, con il respiro ‘globale’ del suono afro americano.

Se Bologna continua a essere, dopo i fasti degli anni ’60, una città del jazz, è anche merito suo. "Bologna è sempre stata un riferimento obbligato per chi ama e suona il jazz. Basti pensare all’incredibile ragnatela di locali dove questa musica era ospitata negli anni ’80. L’aspetto più interessante è che non si trattava di club ‘specializzati’: il jazz era ovunque, nelle Case del popolo, nelle birrerie, nelle balere. Un circuito che faceva pensare alla Parigi degli anni ’50. C’era il jazz alla Sala Candilejas a Corticella, tra le orchestre della filuzzi, all’Osteria dell’Orsa, al Cafe de Paris, al leggendario Ruvido, in posti piccolissimi come la Cantinetta di Vicolo Luretta, e poi, per arrivare a tempi più recenti, alla Scuderia in piazza Verdi. Basterebbe questo per fare di Bologna la città del jazz. Per le opportunità che offre a un artista"

Un ‘respiro’ jazz che lei ha coltivato anche in ambiti poco conosciuti. "Sì, penso alla bellissima iniziativa che per anni ho curato, ad iniziare dal 2004 come direttore artistico, su incarico dell’Università, Alma Jazz , un festival al quale invitavamo le migliori jazz band delle università di tutta Europa. Formazioni composte esclusivamente da studenti e insegnanti che invadevano le piazze e le strade, improvvisavano, formavano parate. Una rassegna che ha dimostrato quando la nostra università sia amata e conosciuta fuori dai confini. Iniziativa che poi è proseguita alla Scuderia con i concerti del lunedì con la nostra big band e tanti ospiti come Paolo Fresu. Un grande successo, ogni volta arrivavano mille persone...".

Bologna, per lei, ha significato la lunga collaborazione con Lucio Dalla. "Ci univa sia l’amore per le orchestre jazz (ci siamo conosciuti perché io entrai alla Doctor Dixie Jazz Band di Nando Giardina, il simbolo della tradizione jazz della città), sia quello per la mia terra di origine, il Gargano, alla quale Lucio era molto legato. Insieme abbiamo suonato a San Giovanni Rotondo e a Manfredonia, la città del porto citato in ’4 marzo 1943 ’. Si trattava quasi sempre di concerti jazz, non legati al suo repertorio di cautore. Ricordo in particolare una jam session improvvisata in un campeggio delle Tremiti. Il pubblico era inizialmente sbalordito, quando vide comparire Dalla, poi estasiato".

Ma di concerti in luoghi inusuali, anche in città ne ha fatti tanti . "Negli anni della Doctor Dixie, nella cantina di Nando arrivavano tantissime personalità. Tutti volevano suonare lì con la band di casa. Ci passava Paolo Conte, cantanti lirici come Ruggero Raimondi. E qualcuno, spesso, ci faceva richieste strane che noi cercavamo di esaudire. Come quando arrivò Renzo Arbore e ci chiese un piacere. Sua nonna, che viveva a Bologna, compiva 100 anni e voleva regalarle un nostro concerto. Siccome la signora non poteva muoverci, prendemmo gli strumenti e andammo nel giardinetto della sua abitazione. Fu un concerto indimenticabile, con Avati a Arbore ai clarinetti...".  

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