Aradori: "Saldato il debito con la Fortitudo"

"Ho rinunciato a più del 20 per cento di stipendio perché la situazione è grave e perché la Effe mi ha aiutato quando avevo bisogno io"

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Pietro Aradori è andato oltre agli accordi tra l’associazione dei giocatori e la LegaBasket lasciando sul piatto della Fortitudo più di quel 20 per cento del suo ingaggio lordo previsto dall’intesa tra il sindacato dei giocatori e chi rappresenta i proprietari.

"Ho fatto questa scelta – spiega Aradori – perché siamo in una situazione più grande di noi e che va oltre il mondo dello sport. Le difficoltà colpiscono tutti i campi della vita e mi sembrava giusto andare incontro alla società, anche perché l’estate scorsa ero io ad essere in una condizione non facile e la Fortitudo mi ha immediatamente accolto a braccia aperte. Sono cose che non si possono dimenticare e alla prima occasione importante era giusto ricordarsene".

Questo significa che dal fidanzamento si passa al matrimonio?

"Da parte mia c’è la voglia di stare insieme a lungo, ma non dipende solo da me: i matrimoni si fanno in due".

Adesso le manca solo il coro dei tifosi.

"Lo aspetto da un po’ di tempo, ma mi hanno detto che me lo dovevo meritare, per cui faremo di tutto per meritarcelo".

Se la richiamassero ad allenarsi, avrebbe paura?

"No. La pallacanestro mi manca molto, al momento riesco solo a tenermi in forma, ma allenarsi è un’altra cosa. C’è bisogno di una struttura e non basta il lavoro individuale ma ci vogliono i compagni con cui stare in campo perché il basket è uno sport di squadra vero. Non credo che la Fortitudo mi richiamerebbe a Bologna se non ci fossero le sicurezze necessarie per evitare il contagio. Certo d’ora in poi tutte le condizioni igieniche avranno una maggiore importanza".

Se la pallacanestro non fosse diventata la sua professione, quale carriera avrebbe intrapreso?

"Quella dell’investigatore privato. Fin da piccolo ero affascinato da figure come quella di Sherlock Holmes o Hercule Poirot. Sono una persona molto curiosa a cui piace andare oltre le apparenze e che non si accontenta di conoscere le cose solo in modo superficiale".

Che cosa c’è in Fortitudo oltre le apparenze?

"L’amore dei tifosi è cosa nota tanto che tutti sanno che è la squadra più amata in Italia. Gli stessi tifosi sono primi a non accontentarsi dell’apparenza, ma valutano la fatica e l’impegno di ogni giocatore".

Quindi una Effe che scende in campo senza i suoi tifosi non avrebbe senso.

"Credo di no. In Italia solo Milano può permettersi di giocare a porte chiuse, e il discorso supera la dimensione economica e riguarda anche gli altri aspetti della vita di una società. I club hanno bisogno del loro pubblico, la Fortitudo più tutti perché vive grazie alla passione dei suoi tifosi e la squadra va in campo principalmente per loro. Mancano ancora diversi mesi, speriamo che le cose si sistemino e che il problema non si ponga".

Ha qualche rammarico sulla stagione passata?

"A nessuno piace lasciare le cose a metà. Scontato dire che avrei voluto giocare il derby di ritorno, mi sarebbe anche piaciuto provare a raggiungere i playoff, perché credo che la Fortitudo se li sarebbe meritati per quello che ha fatto vedere nella prima parte del campionato".

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