Emozioni Basile su Bologna: "Derby e big, Basket City vale l’Nba"

L’ex stella della Fortitudo tra i protagonisti del docu-film dedicato alla città. "Qui tanti campioni e una rivalità unica mai vista altrove"

Basile con l'amico Pozzecco in maglia Fortitudo

Basile con l'amico Pozzecco in maglia Fortitudo

Bologna, 1 ottobre 2022 - Basile, basta la parola. Due titoli italiani e due spagnoli, un’Eurolega, un oro e un bronzo agli Europei, un argento olimpico. Eppure, a 47 anni, l’ex campione della Fortitudo, è rimasto lontano dai riflettori. Almeno di quelli della pallacanestro. Ha scelto il ritiro a Capo d’Orlando e la vita di campagna (e di mare) come rivendica orgogliosamente.

Basile, le è mancata solo la Nba?

"Non è vero. Ora mi hanno inserito in questo filmato su Bologna. A quasi 48 anni, è una bella soddisfazione. Anche se – lo dico a bassa voce –, la Nba attuale non mi entusiasma più di tanto".

Cos’ha Bologna di speciale?

"Beh, c’è il derby. Come in altre piazze alle quali la Nba ha prestato attenzione".

Lei e il derby?

"Ho fatto la mia parte. Credo che, di stracittadine, potrebbe parlarne Carlton Myers. Lui da una parte, Danilovic dall’altra: l’apice di questa rivalità".

E lei?

"Effettivamente ho debuttato in Fortitudo giocando un derby. Chi meglio di me può descrivere la stracittadina?".

Lei ha giocato nel Barca. E la rivalità con il Real Madrid?

"Diversa, più ovattata. La rivalità vera, in Spagna, è nel calcio che ha fatto da traino. Nel basket si avverte meno. Anche se pure lì è importante non solo vincere, ma che la tua rivale perda. Rispetto a Bologna, Belgrado o Atene, c’è meno ossessione".

Il derby più bello?

"Vado controcorrente, anche se li ho persi tutti. Quelli con Ginobili erano eccezionali. Forse il livello più alto mai raggiunto dalla stracittadina, per la qualità dei protagonisti".

Cos’è il derby a Bologna?

"La passione per uno sport che unisce due fedi inconciliabili. La Virtus, un po’ ‘fighetta’ e l’anima popolare della Fortitudo. Diversità di ceti, Davide contro Golia".

A proposito di popolare, lei sulla carta di identità aveva come professione l’etichetta di ‘bracciante agricolo’…

"Vedete? Tutto torna. Sono un uomo legato alla terra. Non potevo che finire in Fortitudo".

Però è stato oggetto di un derby di mercato: avrebbe potuto finire in Virtus.

"Poi una forza misteriosa mi ha spinto verso l’Aquila".

Cos’era Bologna in quegli anni?

"Il massimo della pallacanestro. C’era la fila per venire qui. Poi i ristoranti, i grandi personaggi. E per me che venivo da Reggio Emilia, dalla provincia, qualcosa di fantastico".

Dica la verità: le sarebbe piaciuto giocare con Teodosic.

"Stiamo parlando di un genio. Per me, malato di difesa, non è il massimo. Ma quello che crea in attacco è imbarazzante per chi lo subisce. Lui vede cose che altri faticano a immaginare".

Teodosic il genio e il tiro ignorante di Basile.

"Beh, se parliamo di ignoranza al tiro, anche Milos se la cava piuttosto bene".

Passiamo alla Nazionale e al suo amico Pozzecco.

"Mi è dispiaciuto, meritava di più gli Europei. A volte il Poz esagera, ma va preso così, perché è uno di cuore. Forse non si rende conto di essere in panchina. Per atteggiamento è quasi un compagno di squadra. Ma i risultati si vedono, perché i ragazzi giocano per lui e non è così scontato. Penso a Spissu, per esempio".

Ma il Poz non rischia la salute?

"Tutti gli allenatori rischiano. Spero che non perda i capelli, perché è una forma di stress che prende così. Io dopo la partita con la Francia li avrei persi tutti. O me li sarei strappati".

I coach che perdono capelli? E Scariolo?

"Deve avere un self control eccezionale. Magari ha altri modi per sfogarsi. Allenare adesso è durissima".

Perché?

"Ci sono i social. Una volta magari, prendevi 4 sulle pagine del giornale e finiva lì. Ora tutto è amplificato. Tutti giudicano. Il rischio è perdere l’equilibrio. Bisogna saper gestire lo stress".

E’ per questo che ha lasciato?

"Vado in campagna e sono sereno. Non potrei mai fare l’allenatore".

Oltre alla campagna?

"Ho i miei hobby. Ho scoperto il padel. Anzi, ho aperto un club a Barcellona, il Bapadel".

’Ba’ sta per Barcellona o per Bari, visto che lei è originario di Ruvo?

"Sta per Basile. Avevamo pensato a Basopadel, ma baso in spagnolo praticamente significa bicchiere. Siamo un club serio: abbiamo Marcela Ferrari, che è la ct della nazionale italiana di padel".

Vive sempre a Capo d’Orlando?

"Sì, abito qua. E trascorro qualche mese a Barcellona. Mia figlia Alessia è alle prese con il progetto Erasmus a Siviglia".

Il resto della famiglia?

"Ci sono Manuela, 18 anni, che è nata a Bologna, Federica 16, che è nata a Barcellona e mia moglie Nunzia".

Un saluto a Bologna?

"Torneremo più forti di prima".

Sembra più un messaggio alla Fortitudo che a Bologna.

"E’ così. La Fortitudo tornerà al top. Anche se devo dire brava alla Virtus. Sta macinando gioco, avversari e trofei. Forse il bravo lo dovrei dire a Zanetti per quello che ha investito".

Le piace la Virtus?

"Sta tornando ad altissimi livelli. Gli anni di Danilovic restano insuperabili, ma questa V nera le va vicino".

Magari un giorno lei torna e si compra la Fortitudo…

"Se… Purtroppo non ho un’azienda che fattura milioni di euro. Ma spero che la mia Fortitudo possa tornare ai livelli dell’epoca Seràgnoli. Anche perché il derby, ora, vede troppe differenze".

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