Scudetti, Nba e Spagna: Scariolo a tutto campo

Giovedì 25 novembre esce l’autobiografia di ’don’ Sergio: da Pesaro a Desio, da Bologna alla Russia, tra titoli mondiali, europei e medaglie olimpiche

Sergio Scariolo

Sergio Scariolo

Bologna, 24 novembre 2021 - Un mondiale, tre Europei, un argento e un bronzo olimpici. E ancora un titolo Nba, uno scudetto in Italia e due in Spagna. Lo avete già intuito: stiamo parlando di Scariolo Sergio da Brescia. Anzi, di don Sergio perché da una vita ha preso casa in Spagna, nazione della quale è tuttora il ct. Ma se volete grattare sotto queste indicazioni sommarie non avete che da leggere il libro che Sergio ha scritto con Paolo Frusca e che sarà in vendita da domani per Baldini+Castoldi Editore (18 euro). E’ un "Uomo a tutto campo Storie vincenti di un gestore di campioni", 336 pagine che si possono leggere tutte d’un fiato e che ci portano da Brescia a Pesaro, da Arese a Bologna (sponda Fortitudo), poi in Spagna, di nuovo in Italia, ancora nella penisola iberica, in Russia e poi in Canada. Un viaggio dai mille risvolti con una particolarità: a parte le foto della prima e della quarta di copertina non ci sono immagini. Strano, di solito per un’autobiografia c’è sempre un nutrito numero di pagine con le foto ricordo.

Don Sergio, che pure, come ricorda lui, a Bologna (sponda Fortitudo) veniva accolto dal coro "Sei bellissimo" (sulle note di una canzone di Loredana Bertè) non concede nulla al superfluo. Ma, proprio grazie alle sue descrizioni, rivediamo tutti i personaggi, grandi o meno, che hanno attraversato la sua vita.

Studente modello, Sergio, che nasce e cresce a Brescia. Dove, fino a quando può, torna sempre il lunedì pomeriggio, per il briscolone con gli amici di infanzia. A scuola non può accontentarsi del 6, Sergio, perché papà Cesare – scomparso nel 1998, al quale il coach ha dedicato una Fondazione – e mamma Angela sono due insegnanti e lui deve fare il massimo. Sempre. Bravo, ma indisciplinato: Sergio si descrive così. E si scopre che, a 6 anni, innamorato della squadra del cuore, l’Inter, inghiotte per l’emozione una monetina per una papera del portiere nerazzurro Sarti. "Per la vostra tranquillità, vi dico subito che tutto si risolse per il meglio: la monetina se ne uscì il giorno dopo, ex naturalibus, diciamo così".

Prima di abbracciare il professionismo, da coach, deve conseguire la laurea in Giurisprudenza. Poi l’inizio a Brescia, stagione 1981/82 e dal 1986 l’esperienza nella Marche. Ma anche la 127 bianca, il servizio militare a Vigna di Valle e il titolo mondiale (un predestinato) militare nel 1985. E le Marche? "Pesaro. Una città innamorata del basket, competente, un luogo nel quale tutti sono appassionati, moltissimi hanno giocato e molti continuano a farlo. Ci volle poco a entusiasmarsi dell’ambiente". Il primo scudetto, come vice di Valerio Bianchini nel 1988: "La fotografia di Walter Magnifico, che sovrastava un Mike D’Antoni sdraiato sul parquet, divenne iconica di quella stagione. Poi l’invasione di campo e la pantagruelica festa sul lungomare, con quattromila metri di tavolata, da guinness dei primati credo". Il tricolore del 1990, sempre a Pesaro, il primo tutto suo, a soli 29 anni: il più giovane allenatore a tagliare in traguardo del genere.

Desio, Bologna e la Fortitudo. "Bologna la dotta, Bologna la grassa (oh, oltre ogni vetusto cliché, mai mangiato così bene in vita mia come in quegli anni!), ma soprattutto Bologna basket city". Il rapporto con Giorgio Seràgnoli, patron dell’Aquila e la rivalità con la Virtus. "Mi telefonò entusiasta dicendo che aveva già impostato una trattativa per firmare Arlauskas alla Fortitudo (…). ‘Oh dico, ripeteva stupito, 63 punti alla Virtus’. Be’, quello lì per forza avrebbe dovuto venire a giocare alla Fortitudo!". Non solo trionfi, anche battute d’arresto improvvise, come la prima avventura alla Virtus Bologna, estate 2003. Tanto lavoro, dopo le promesse e le assicurazioni dell’allora presidente Marco Madrigali, prima che il consiglio federale della Fip decretasse la cancellazione del club bianconero. La Spagna, i successi prima a Vitoria poi a Madrid e Malaga – con Djordjevic in campo e la vittoria in casa del Barcellona – e pure la Russia. Dalla Russia, in una folle giornata di voli aerei e corse in motorino – da Mosca a Madrid, dallo scalo madrileno al Santiago Bernabeu – perché il fanciullino tifoso dell’Inter che resta in lui, non può mancare alla vittoria nella Champions della creatura di Josè Mourinho, nonostante lui fosse il tecnico del Khimki (2010). E ancora il matrimonio con Blanca con la richiesta, accolta da un presidente gentiluomo, di posticipare l’incontro del campionato spagnolo perché quello stesso giorno aveva fissato le nozze. E ancora i successi come ct della Spagna, il botta e risposta con re Juan Carlos, e poi Gasol, Garbajosa e Kobe Bryant. L’esperienza a Milano, la rivalità con Siena e il rapporto con alcuni giocatori, come Esposito. "Oggi sento spesso Vincenzo, parliamo volentieri fra noi, con affetto. Ora anche lui è passato da questa parte della barricara. Mi sento di dire che l’allenatore Esposito avrebbe difficoltà a gestire perfettamente il giocatore Esposito".

Il ricordo di Micio Blasi: "Lo scelsi personalmente. Era il giocatore che ogni allenatore vorrebbe in squadra: disciplinato, concentrato, faceva da collante nello spogliatoio". Si scopre, in quelle pagine, che ai tempi del Real Madrid, prima ancora che questi scegliesse Reggio Calabria e poi Fortitudo e Pesaro, avrebbe voluto portare in Spagna Carlos Delfino. E ancora il rapporto franco con Sale Djordjevic, allenato in Fortitudo e al Real Madrid. Un Djordjevec del quale, in Virtus, ha preso posto in estate, vincendo subito la Supercoppa. Una bella storia, la storia di don Sergio Scariolo da Brescia. Allenatore vincente e innamorato del suo sport: "Ringrazio la pallacanestro, perché ha mantenuto più di ciò che mi aveva promesso, fin da quando giocavo nel cortile di casa, con gli amici di una vita, un Voit di gomma e un tabellone di legno".

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