Virtus Bologna Pesaro, il ricordo di Bianchini. “Storia e nobiltà“

“Non è un confronto che possa essere racchiuso in un episodio, ma un’epopea con la provincia che si ribella alla città aristocratica“

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Bologna, 14 maggio 2022 - Valerio Bianchi ni ha un soprannome che significa tanto, tutto. E’ il Vate: il tecnico capace di sognare l’impossibile e, spesso e volentieri, di riuscire a realizzarlo. E’ l’allenatore capace di guardare lontano e di creare immagini suggestive. In una parola è il basket.

Bianchini, domani cominciamo i playoff.

"Bene".

E si parte con Virtus Bologna-Pesaro.

"Una sfida che non è solo un episodio, ma un’epopea. La rivalità tra la provincia e una città più strutturata. Mi viene in mente un coro che l’Inferno Biancorosso dedicava a Bologna. Magari non è proprio riportabile, ma aveva un che di poetico".

Cos’è per lei Bologna?

"L’aristocrazia della pallacanestro, la sfida con i ’pescatori pesaresi’. Che dopo aver dato l’assalto a Bologna ci provarono anche con l’impero milanese".

Lei contro la Virtus .

"Negli anni Ottanta e Novanta c’erano sentimenti come orgoglio, revanche. Aggiungerei ’odio sportivo’. Alla fine dei conti ci siamo divertiti tutti abbastanza. Tranne che in un’occasione".

Finale scudetto 1994?

"Proprio quella. Il caso Coldebella-McCloud. Continuo a pensare che la giustizia sportiva ci abbia penalizzati. Pesaro fu la squadra più danneggiata".

Lei vinse lo scudetto a Pesaro nel 1988.

"Giusto".

E come assistente aveva un certo Sergio Scariolo.

"Quella con Sergio è una storia molto più lunga. Era di stanza a Vigna di Valle con la nazionale militare. Aveva del tempo libero, veniva spesso a Settebagni, dove si allenava il Bancoroma. Ci siamo conosciuti lì. C’erano grandi affinità, lui bresciano, io bergamasco".

Dopo il Bancoroma e la Nazionale lei va a Pesaro.

"Dove trovo Sergio, che era già assistente di Sacco. Nacque un’amicizia vera e un senso di grande lealtà".

Perché?

"A Pesaro impazzivano per Aza Petrovic: faceva canestro da tre e poi rientrava in difesa mimando l’aeroplanino. Per vincere lo scudetto però serviva altro".

E lei lo tagliò per ingaggiare Darwin Cook.

"Appunto. Avevo contro la città, i tifosi, la stampa. Sergio, come assistente, avrebbe potuto defilarsi. Fu sempre leale".

Al punto che nel 1989…

"Io vado via, Pesaro vuole Mirko Novosel. Suggerisco la promozione di Sergio. Conosceva bene quella squadra. E infatti fu promosso e vinse subito".

Si capiva che Sergio avrebbe fatto carriera?

"Guardava lontano prima di altri. Studiavamo insieme l’inglese. Poi, a un certo punto, cominciò a prendere lezioni di greco. Il basket ellenico stava esplodendo e lui si stava preparando all’idea di andare all’estero. Anche se i tecnici italiani non si muovevano ancora, lui si stava già preparando. Una grande mente aperta. Poi è cresciuto con la Spagna e a Toronto…".

Toronto?

"Io credo che lui abbia dato di più ai Raptors di quanto i Raptors abbiano dato a lui. Le difese a zona, tutte alchimie portate da lui. Con le quali poi Toronto ha vinto un anello".

La Virtus e l’EuroCup.

"Bel successo che riporta la Virtus tra le grandi. Se penso che Roma rinunciò all’idea dell’Eurolega…".

Domani Virtus-Pesaro, prima contro ottava. Esito scontato?

"La differenza c’è. Poi, però, devi andare sul campo e vincere. Non c’è più l’hangar di viale dei Partigiani, ma il pubblico di Pesaro si farà sentire. L’epopea continua. Bello per Pesaro".

Perché per Pesaro?

"Penso alla città, dieci anni di astinenza, senza un playoff. Adesso lo scontro è duro, ma c’è il playoff".

Chi le piace della Virtus?

"Non un singolo, ma il gruppo. Mi piace una Virtus che gioca una pallacanestro modernissima e di grande futuro. Il nostro basket sta andando alla deriva: la Virtus e Scariolo hanno reintrodotto la bellezza e l’intelligenza del gioco. Non ha rinnegato l’importanza della fisicità, ma ha introdotto concetti classici e alla fine moderni. L’uso del centro, il gioco alto-basso il contropiede organizzato. Basta con l’uno contro uno esasperato".

Chi le piace di Pesaro?

"Non l’ho vista spesso. Ma sono felice che abbiano ridato una chance a Davide Moretti. E’ giovane, la merita".

E la Fortitudo Bologna?

"Mai vista in questa stagione. A Roma, ormai, siamo fuori da tutto. E ne paghiamo il conto. Frequento il Circolo Aniene e mi è capitato di farlo con una tuta che mi ha regalato mio figlio Tommaso che è stato nella Fiorentina. Per quelli del Circolo io sono…".

Valerio Bianchini, il coach tricolore in tre piazze diverse.

"No, sono il signore della Fiorentina. Non avere Roma in serie A significa, tra la capitale e la regione, perdere l’interesse di 7-8 milioni di persone".

Bologna ha perso il derby.

"Ho allenato nei momenti in cui il derby era un terremoto, un’eruzione vulcanica. Una battaglia ad altissimo livello. Adesso è difficile".

Cosa serve alla Fortitudo?

"Bisognerebbe fare come con l’Ucraina: dare alla squadra le armi per combattere alla pari".

Finale scudetto: chi vince?

"Per la qualità del gioco sono portato a pensare alla Virtus. Milano ha un’ottima difesa, ma Bologna mi sembra più organizzata".

Prima, però, dovrà andare in finale.

"Sì, ci sarà il turno con Pesaro e, dall’altra parte del tabellone, bisogna valutare quello che potrà fare Brescia".

Dica la verità: le sarebbe piaciuto allenare uno come Milos Teodosic?

"Sì, però…".

Dica.

"Credo che alla fine sarebbe stato lui ad allenare me. In carriera ho sempre imparato tanto dai grandi giocatori".

 

 

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