Benelli: "Che lezioni da Peterson e Nikolic"

Basket Loris ha giocato sia in Virtus sia in Fortitudo: "Dan era la rivoluzione della pallacanestro. Aza era sacrificio e duro lavoro, sempre"

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Virtus, Fortitudo, San Lazzaro e, prima di appendere le scarpette al chiodo, anche il Gira, nel periodo della sua rinascita, nella seconda metà degli anni Ottanta. E’ la storia, ricca di aneddoti e di episodi di Loris Benelli nato a Piangipane, in provincia di Ravenna, il primo marzo 1953.

"Cominciai a Lugo, in parrocchia – racconta Loris – fino a quando, tra i primi allenatori, arrivò Adriano Chiarini. Un’amichevole con la Virtus e mi ritrovai, a 16 anni, in bianconero, nel vivaio in cui c’erano anche Mario Martini e Beretta".

Fa parte del gruppo che, nel 1972, vince il tricolore juniores. In panchina c’è un autentico stratega, Ettore Zuccheri. In campo, insieme con Loris, ci sono Sacco, Beretta, Ranuzzi, Borghi e Casanova. In Virtus è tra i protagonisti della prima Coppa Italia, conquistata nel 1974. Resta in bianconero dal 1969 al 1975 mettendo insieme 118 partite e 454 punti.

"La Coppa Italia è davvero un bel ricordo – commenta Benelli –. Ci arrivammo senza essere favoriti. Fu un trofeo che ci spalancò le porte dell’Europa. L’anno dopo l’esperienza in Coppa delle Coppe. Le prime sfide con il Maccabi Tel Aviv, la Jugoplastika Spalato e lo Spartak Leningrado nelle cui fila giocava il leggendario Aleksandr Belov. Perdemmo il doppio confronto con i russi, dopo aver vinto a Bologna. E furono proprio loro a conquistare la Coppa delle Coppe".

La Virtus e l’esperienza con Dan Peterson. "Una rivoluzione, una ventata di novità – racconta Loris – che all’inizio ci disorientò. Poi entrammo in sintonia. Dan affiggeva cartelli ovunque: nello spogliatoio e in sede. Voleva essere un approccio psicologico per mettere a fuoco l’obiettivo. Costruì un bel gruppo. La Coppa Italia la vincemmo così. John Fultz era la stella, il capocannoniere. Ma Dan fu bravo, in corso d’opera, a trovare delle alternative. E il successo arrivò di conseguenza".

L’anno dopo l’approdo a Bologna di Tom McMillen: per Loris un solo rimpianto. "Ogni allenamento con lui valeva un clinic. Una lezione. Stare in palestra con lui era come leggere un libro. Peccato solo che facesse la spola con Oxford. Con noi si allenava poco. Ma ogni volta c’era qualcosa da imparare".

L’anno con Tom, poi il passaggio di consegne: Charlie Caglieris finisce alla Virtus, Loris passa alla Fortitudo.

"Ho vissuto il derby sulle due sponde – insiste –, ma non mi sono mai focalizzato troppo su quella partita. Pensavo più all’obiettivo di fine stagione. Però il derby era particolare. L’immagine non è delle migliori, in questo momento di Covid-19. Ma devo dire che la città era letteralmente contagiata dall’idea del derby. Non si parlava d’altro".

Dall’americano Dan Peterson alla scuola slava di Aza Nikolic. "Il Professore pretendeva totale dedizione. Duro lavoro e sacrificio. Li feci volentieri, perché sapevo che, così, sarei cresciuto".

Vengono gettate le basi per una delle Fortitudo più belle dell’era pre-Seràgnoli. Quella che, nel 1977, è capace di chiudere al terzo posto e conquistare la finale con la Jugoplastika Spalato.

"John McMillen era cresciuto alla scuola di Peterson, ma aveva elaborato una sua strategia. In campo c’era Fessor Leonard che, fisicamente, era uno fenomeno. Perdemmo a Genova la finale di Coppa Korac, contro Spalato e continuo a pensare che ce l’abbiano portata via. Prima con l’esclusione di Carlos Raffaelli, poi con un arbitraggio discutibile. Ma quello che è bello è che quando mi ritrovo con i miei vecchi compagni non ci sono rimpianti. In quella occasione tutti i giocatori della Fortitudo fecero il massimo. Nessuno potrà mai muoverci appunti".

In Fortitudo dal 1975 al 1979: con 129 gare e 1.231 punti. Oggi Loris ha 67 anni e conserva tanti amici con i quali si trova ancora, mescolando i colori della Virtus a quelli della Fortitudo. Albonico, Serafini, Bonamico, Tommasini, Rundo e Antonelli gli amici in bianconero; Sgarzi, Orlandi, Arrigoni, Polesello e Casanova quelli legati all’Aquila.

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