
La gioia sul volto di Vincenzo Italiano al Gewiss Stadium: al fischio finale, la curva rossoblù ha cantato cori per lui (Schicchi)
Bologna, 6 febbraio 2025 – Vincenzo Italiano si è presentato la mattina del 13 giugno al Dall’Ara con un sorriso che faceva quasi tenerezza, visto che stava per sedersi su una panchina santificata. San Thiago e il miracolo della Champions: ma chi te l’ha fatto fare, Vincè?
“Sono emozionato di essere qui. Ci metterò cuore, passione e sacrificio – promise –. Qui la gente vuole rivivere le emozioni dell’anno scorso: troveremo il modo di poterlo rifare”. Il modo è quello del Gewiss Stadium: intensità, sacrificio, organizzazione, ma anche genio e sregolatezza. Un Bologna a sua immagine e somiglianza che prima doma l’Atalanta, poi la stende, regalando al popolo rossoblù una semifinale di Coppa Italia che mancava da ventisei anni. “C’era Walter Vitali sindaco”, ha scritto qualcuno. Sam Beukema, capitano a Bergamo, aveva giusto pochi mesi. Una vittoria che resterà nella storia del club, ma anche in quella personale: perché dall’altra parte c’era il guru Gasperini che non più tardi di una settimana prima era andato a spiegarla a quelli di Barcellona.
Un’impresa che segue un percorso da record in campionato, con un settimo posto a 37 punti, a meno tre dalla Juventus quinta. Italiano non ha mai cercato alibi, nonostante ne avesse tre belli grossi: Zirkzee, Calafiori e Saelemaekers. Eh, però, magari arriva Hummels. Prego, questo è Casale: ringraziare. Il tutto con una Champions da onorare, oppiaceo per l’ambiente e sirena pericolosissima per i rossoblù: il suo canto avrebbe potuto incantarli, togliendo lucidità al percorso di crescita che dovevano compiere. Qui, il tecnico siciliano è stato magistrale. Ha ’usato’ la vetrina internazionale per alzare il livello interno, per abituare i suoi a sopravvivere a certe temperature. Dopo le fiamme di Anfield, del Villa Park e del Da Luz, il fuoco di Bergamo scottava meno.
Impressionante la naturalezza con cui il Bologna ha tenuto testa all’Atalanta sul ring dell’intensità. Colpo su colpo, fino a quello decisivo di Castro, un altro che vive il calcio come il suo allenatore: di pancia, di cuore. Significativo, molto, il ’cazziatone’ in mondovisione che Italiano ha fatto a Santi al fischio finale del Josè Alvalade. Un urlo ancestrale a due millimetri dal naso per un egoismo di troppo. La replica di Castro? Zitto, immobile. Si chiama rispetto e si ottiene con la credibilità. Ecco, il primo e più grande merito di Italiano è stato forse quello di risultare credibile a un gruppo di ragazzi indottrinato dal Mottismo. All’alba di Valles, in tanti restarono spiazzati dai metodi poco ortodossi del nuovo allenatore. Eppure ha saputo passare sotto la pelle dei giocatori e della gente rossoblù. Amore a prima ’rissa’. Orso e compagni hanno imparato subito ad apprezzare quest’animo pasionario: Vincenzo è uno che sanguina per la squadra. De Silvestri, escluso dalla lista Champions, è stato il suo primo ’assistente’ in questa rivoluzione. Dettagli molto significativi.
E pensare che a Firenze Italiano è stato quasi accompagnato sul treno per Bologna, tanto erano felici di liberarsene. Si narra che sulle sponde dell’Arno, da agosto, il primo pensiero fosse controllare subito il risultato dei rossoblù. Chissà se lo fanno ancora...