Bianchini re di Coppa: la Effe apre la bacheca

Geniale, brillante, colto e vincente: Valerio regala alla Fortitudo il primo trofeo della sua storia, vincendo un derby in semifinale

di Alessandro Gallo

Capo allenatore a Cantù, Roma e Pesaro. Piazze dove, tra l’altro, vince altrettanti scudetti, Coppa delle Coppe (1), Coppa dei Campioni (2) e Coppa Intercontinentale (1). Abbastanza per essere considerato un acerrimo rivale di Basket City. I tre scudetti e le quattro coppe sono parte del palmares di Valerio Bianchini, nato a Torre Pallavicina (Bergamo) il 22 luglio 1943.

Geniale – e forse il termine non rende l’idea dell’intelligenza e della cultura del ’Vate’ – nonché una manna per i giornalisti. Mai banale, sempre lucido, brillante al punto tale che, almeno così narra la leggenda, si poteva consegnare direttamente il taccuino o il registratore al Vate. Il pezzo, con tanto di titolo, sarebbe stato confezionato quasi per magia dallo stesso Bianchini.

È il primo allenatore italiano a vincere tre scudetti in tre piazze diverse, dopo di lui Charlie Recalcati (Varese, Fortitudo Bologna e Siena) e, più recentemente, Ettore Messina (Virtus Bologna, Treviso e Olimpia Milano).

Valerio Bianchini è il coach che, in coppia con Dan Peterson, nei primi anni Ottanta, porta la pallacanestro a livelli d’eccellenzamai più raggiunti. Una rivalità accesa, un botta e risposta infinito: un vero spettacolo per gli appassionati dei canestri. Leggendaria, a proposito di aneddotica, quella volta nella quale, al termine di un acceso faccia a faccia proprio con Dan Peterson, entrambi finiscono espulsi. Entrambi imboccano il tunnel che porta agli spogliatoi. La rivalità, almeno in quel caso, lascia spazio alla complicità: davanti a loro un maresciallo dei carabinieri (in servizio) troppo alto e prestante per consentire a Valerio e Dan, di statura non eccezionale, di seguire la partita. E allora, anziché la rivalità abituale, la decisione di scambiarsi i pochi flash della partita, per capire cosa fare.

Colto e scafato, come ricorda spesso lo stesso Peterson. "Valerio mi fregava perché l’ultima polemica la inventava per il giornale della domenica. A quel punto per me era impossibile trovare lo spazio e lo spunto per una replica".

Arriva a Bologna una prima volta nell’autunno del 1996: Giorgio Seràgnoli, il proprietario della Fortitudo, ha appena esonerato Sergio Scariolo (che era stato vice di Valerio ai tempi di Pesaro), lo vuole per cercare quello scudetto sfiorato pochi mesi prima.

Valerio conosce bene il mercato americano e sa quello che vuole. È accaduto a Cantù, nel 1980, dove taglia Terry Stotts per Tom Boswell e arriva il tricolore. Succede lo stesso a Pesaro dove manda Aza Petrovic, idolo della tifoseria e Greg Ballard, per ingaggiare Darwin Cook e Darren Daye. E, anche lì, arriva lo scudetto.

In Fortitudo riesce a pescare Eric Murdock al posto di John Kevin Crotty (ma chi aveva pensato che per personalità e talento avrebbe potuto prendere il posto di Sale Djordjevic?). Arriva la finale con Treviso: sul 2-1 per la Fortitudo ci sono due match point, ma il titolo non arriva.

Qualche mese più tardi, però, è proprio Valerio ad aprire la bacheca Fortitudo con la Coppa Italia. Si inventa Galanda stopper su Danilovic, riesce a dare un po’ d’ordine all’anarchia di Dominique Wilkins ed ecco la Coppa Italia. Ma Valerio non riesce a finire la stagione: paga la sconfitta in Coppa dei Campioni in quello che passa alla storia come ‘neuroderby’. Così, alla vigilia dei playoff, Seràgnoli lo avvicenda con Petar Skansi. Sono in tanti a pensare che, con Bianchini in panchina, forse il tiro da quattro di Danilovic non ci sarebbe mai stato. Valerio, geniale e pure pragmatico, ha sempre avuto una spiegazione: "Non si poteva vincere la Coppa dei Campioni, prima di aver portato a casa lo scudetto".

Torna a Bologna, questa volta sponda Virtus, in una delle peggiori stagioni della storia. Campionato 20022003, quello che si concluderà con il lodo Becirovic e l’esclusione del club dai campionati (31 agosto 2003).

Marco Madrigali, patron bianconero, per il dopo Messina, ha puntato tutto sull’ex ct azzurro Boscia Tanjevic, ma Boscia non finisce la stagione, al suo posto Bianchini che, in cabina di regia, richiama proprio Eric Murdock.

Ma è un’impresa titanica. Non tanto per i valori in campo, quanto perché, lo si scoprirà ufficialmente solo qualche mese dopo, la società ha smesso di pagare. E nonostante questo, alla vigilia di Natale, Madrigali raggiunge il PalaMalaguti per regalare, a ogni giocatore, un fermasoldi. Sembra quasi una provocazione. Per Valerio, però, il peggio deve ancora venire. Lo spogliatoio bianconero, in assenza di stipendi, diventa una polveriera. Un pomeriggio, all’Arcoveggio, volano parole grosse tra David Brkic e Yannick Gagneur.

Il francese, per la prima e unica volta, si prende i titoli dei giornali. Succede infatti che, appropriatosi dello spazzolone per asciugare il parquet, Yannick cominci a inseguire David. Valerio si immola e si frappone tra i due, pensando di riportare la calma, grazie alle sua presenza e alla sua capacità di persuasione.

Non fa i conti con la furia del francese: frattura al braccio e gesso. Un infortunio che non gli ha impedito anche in questi anni, in cui non allena più, di essere una delle menti più lucide della nostra pallacanestro. Una leggenda, sempre e comunque.

(28. continua)

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro