Mettiamoci nei panni di Vincenzo Italiano. Dopo l’inizio tremebondo di stagione mercoledì sera al Dall’Ara, più o meno al debutto nella competizione più prestigiosa d’Europa (l’unico precedente del 1964-65 fa statistica ma si perde nella notte dei tempi), il suo Bologna ha sbandato solo nei primi due minuti salvo poi trovare la rotta. Ha trovato anche un gioco, cammin facendo, una squadra che avrebbe ampiamento meritato, al netto del patatrac scampato dei primi minuti, di portare a casa i tre punti contro i timidi, e assai catenacciari, ucraini dello Shakhtar. E invece dopo centotré minuti di gioco sul prato inzuppato di pioggia del Dall’Ara di punti ne è arrivato solo uno: anche se è lecito considerarlo come un punto di partenza. Qui tocca di nuovo analizzare le cose dal punto di vista di un allenatore che ha ereditato un testimone scomodissimo dal suo predecessore, che in estate ha perso alcuni pezzi da novanta (Calafiori, Zirkzee e Saelemaekers), che un Ferguson fin qui non l’ha mai avuto ma che in compenso ha avuto un’estate costellata di infortuni, nazionali in fisiologico ritardo di condizione e fin qui zero puntelli da un mercato che solo l’occhio benevolo della paciosa Bologna può fingere che non abbia tolto certezze al gruppo e al suo nuovo timoniere.
Ebbene, in un simile incrocio di eventi avversi da tempesta perfetta, quattro giorni dopo l’inquietante prestazione di Como in campionato è arrivato un timido, ma significativo, squillo in Champions. Il rammarico è legato al fatto che lo Shakhtar probabilmente è la squadra più debole delle quattro che l’urna di Montecarlo ha messo sulla strada dei rossoblù al Dall’Ara, considerato che le altre tre saranno il Monaco, il Lille e il Borussia Dortmund. Ma era pur sempre un debutto e il rischio era che la musichetta Champions stordisse i rossoblù: così non è stato. Il Bologna visto con lo Shakhtar ha mostrato uno spirito, un atteggiamento e un fatturato di gioco che testimoniano come la transizione dal calcio ‘masticato’ di Motta a quello più verticale di Italiano sia possibile se solo sarà dato tempo al cantiere rossoblù (non un tempo infinito ma uno ragionevole sì) di terminare i lavori. Del resto la condizione atletica appare in crescita, la difesa ha fatto registrare il primo ‘clean sheet’ della stagione e i vari Miranda, Holm, Pobega, Iling-Junior e Dominguez sono frecce nuove che da qui in avanti possono solo aggiungere e non togliere. Ecco perché anche un’occasione sprecata può essere un punto di partenza.
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