Bologna, 23 aprile 2010 – Il partito dei pro Gimenz fa irruzione in casa Colomba come la Lega in quella del Pd. Avanti Franco, il Bologna è quasi alla frutta, butta dentro quel ragazzo che ha estro, fantasia e soprattutto sprigiona da tutti i pori una voglia matta di pallone e di gol.
 

Ma Colomba ci è andato cauto e la sua linea non cambierà. Fino alla fine... con i veterani. Henry Damian Gimenez, però, non è un ragazzino. Ne ha compiuti 24, vive a Casalecchio con la fidanzata e insieme crescono il loro Tadeo di tre anni. Se, come sembra, Gimmi ha talento, diventerà un grande giocatore. Ha fatto la gavetta, ha vissuto fra Firenze e Bari i giorni della gloria, ma ha fallito il gol che gli avrebbe dato titoloni in Italia e una sconfinata popolarità a casa sua, in Uruguay, dove è cresciuto con il poster di Recoba in camera e dove fa il tifo per il Penarol.

Quell’errore con la Juve ha riportato Big Gim con i piedi per terra e in panchina. Per lui è stata la domenica della ripartenza. Da zero, come il suo morale. Aveva segnato alla Fiorentina, aveva firmato la rimonta e il sorpasso al Bari, se avesse ‘bollato’ anche con la Juve, Colomba o non Colomba, Gimmi avrebbe fatto il grande salto. Invece, come capita a tanti stranieri, è ancora lì con la schiena curva sulla risaia a coltivare il sogno della sua vita, sfondare nel calcio più difficile del mondo, essere convocato per i mondiali e diventare un eroe del suo paese.
Gimenez ha dribbling, ha scatto, ha fiuto del gol e sa scegliere il tempo sui palloni alti.
 

Gimenez non ha la capacità di dosare le forze e, come a Firenze, va presto in riserva. Non sa ancora ‘leggere’ tatticamente la partita e, da buon attaccante sudamericano, lo spirito di sacrificio delle punte lo lascia volentieri agli inglesi e, da qualche mese, anche a Mourinho che lo ha importato all’Inter. Non è neppure freddo: insegue il gol come un miraggio e sotto porta ha già commesso due o tre errori colossali. Gimenez è ancora innamorato del pallone, lo vuole fra i piedi e possibilmente lo vuole buttare dentro.

La sua sfortuna: non ha bisogno di rodaggio, entra a partita in corso innestando il turbo, il che lo segnala come l’unico rossoblù capace di alzarsi dalla panchina e di rivoltare le partite come un guanto. Se non sarà lui a decidere diversamente, è destinato a rimanere a Bologna. A patto che Colomba gli dica chiaro e tondo che vuole puntare su di lui, che gli insegni a dosare le forze e, se deve giocare all’ala, che capisca la necessità di rincorrere i terzini. Visto, Gimmi? Se lo fa Di Vaio, lo puoi fare anche tu. H.D. Gimenez è un ragazzo che le cose le capisce al volo. Colomba gli ha tarpato le ali una sola volta, anche allora per eccesso di prudenza o forse di saggezza: il mercoledì successivo alla Fiorentina, arrivò al Dall’Ara l’Atalanta e Gimmi, a sorpresa, non entrò negli undici di partenza.

Colomba temeva che due partite in tre giorni fossero troppe e lo tenne a riposo. Lui sentiva di avere le energie per spaccare il mondo e dovette aspettare la domenica successiva per concedere il bis. Gimmi, dice Britos, ha un carattere forte e si arrabbia facilmente. Con Colomba no, non si è arrabbiato, si è rimesso in fila ad aspettare il suo turno. Si accontenta di sapere che mezza Bologna lo aspetta trepidante, crede nella sua capacità di ribaltare le partite ed è convinta che Henry abbia tutte le carte in regola per fare lo slalom in mezzo a quelli del Parma, segnare il gol della liberazione e mettere la sua firma sulla salvezza del Bologna.