Bologna, 25 aprile 2011 - Vista da dentro, la crisi del Bologna è molto più grave di quanto non appaia all'esterno. Vero è che tutte le altre squadre a rischio di retrocessione sarebbero disposte a fare cambio con il Bologna, prendendosi tanto i suoi 40 punti quanto i suoi problemi, ma lo è pure per schiodarsi da quella scomoda quota 40, dove si sta in bilico fra serie A e serie B, che servirebbero condizioni oggi inesistenti.
 

Il Bologna che seppe puntellare la crisi societaria, vincendo e spingendo gli imprenditori della città e della regione a puntare sul teorma Consorte si è dissolto sconfitta dopo sconfitta. Quattro consecutive ne ha incamerate la squadra di Malesani e per chiunque, adesso, sarebbe difficile rimettere insieme i cocci di quel vaso che custodiva virtù scomparse.
 

L'allenatore non ha trovato un accordo per rimanere a Bologna e ha perso i suoi principali punti di riferimento, che erano il presidente Pavignani (con cui discuteva il suo rinnovo) e il direttore sportivo Longo, dirigente oggi quasi 'congelato' dal cambio della guardia dirigenziale e anch'egli in attesa di sapere se nel suo futuro ci sia o meno il Bologna. Longo si è defilato: un po' volontariamente, un po' in attesa di sapere se con questi nuovi verttici societari (Guaraldi e Setti) tocca a lui tenere i contatti fra dirigenti e squadra e se toccherà a lui impostare la prossima stagione.
 

Il terzo fronte aperto è quello della squadra. Si è registrato il calo improvviso di capitan Di Vaio, causato da due fattori: il disappunto dei compagni nei suoi confronti, causato dalla firma che il capitano ha messo sul rinnovo del contratto. Doveva essere il primo di una lunga serie, è rimasto il solo e c'è chi, dietro a quella firma, ha visto un gesto dettato dall'egoismo. Il secondo fattore è, ovviamente, il pasticcio del pass per invalidi che, in questa stagione all'insegna dell'altruismo, getta invece ombre sulla credibilità del gruppo e del suo capitano in particolare e che ha indotto lo stesso Di Vaio a restituire il pallone d'oro.
 

Al Bologna sarebbe servito un amministratore delegato, esperto di calcio e delle sue logiche, espresso da tutto il consiglio societario e che oggi sapesse ripercorrere passo dopo passo le tappe della crisi per fonire ai dirigenti i dati da elaborare prima di adottare le decisioni indispensabili a invertire la rotta, prima che la retrocessione da ipotesi diventi un problema con cui confrontarsi.
In queste ore i consiglieri discutono in particolare la posizione di Malesani. Il suo esonero sembra altamente improbabile. All'interno del Bologna che ha cambiato quattro presidenti in una stagione, in fondo è lui l'unico uomo capèace di esaminare la differenza che passa fra la squadra che vinceva spesso e quella di oggi, che perde sempre.