Bologna, 14 aprile 2012 - A settembre era così ‘piccolo’ che anche quando si distendeva in tuffo sembrava che sulla palla non dovesse arrivare mai. L’altra notte, invece, Jean-Francois Gillet aveva le sembianze del gigante buono cui bastava sollevare un braccio per bloccare, come per incanto, tutte le conclusioni in porta degli uomini di Ficcadenti. E il bello è che i novanta minuti col Cagliari sono stati solo gli ultimi di una lunga serie che ha finalmente convinto i bolognesi che vivere di ricordi (nel caso specifico del suo predecessore per due stagioni, Emiliano Viviano) nel calcio non è un’operazione intelligente, né utile.

Adesso Jean-Francois Gillet, per chi frequenta Casteldebole semplicemente ‘Gil’, ha messo d’accordo tutti. Il coro scandito giovedì notte dalla curva Bulgarelli dopo i ripetuti miracoli del portiere che dal 2009 è nel giro della Nazionale belga («Alè, alè, alè Gillet!») ha sancito definitivamente il suo ruolo di idolo del Dall’Ara. Idolo dello spogliatoio rossoblù, invece, questo ragazzo di quasi trentatre anni che sul piano estetico mette d’accordo mamme e figlie, lo è diventato in pochissimo tempo, grazie alla pulizia morale, al sorriso sempre stampato sulle labbra e al suo ‘slang’ barese. Dieci anni di vita in Puglia gli hanno infatti trasmesso un’inflessione da Bari Vecchia: ed è facendo il verso a quella parlata che tutti, da Di Vaio in giù, si rivolgono a lui nello spogliatoio.
Del resto Gillet è il belga più barese che esista. Ha vestito per dieci stagioni la maglia del Bari, ha sposato una ragazza di Bari, Adriana (con cui vive alla Meridiana di Casalecchio), e sulla costa barese ha comprato casa a Torre a Mare, dove regolarmente trascorre le vacanze.

Occhio, però, a scambiare la gentilezza di Gillet per remissività. Chiedere al latitante Hristiyan Ilievski, secondo la procura di Cremona che indaga sul calcioscommesse il capo degli ‘zingari’, che in una recente intervista ha raccontato: «Quando ero arrivato a Bari avevo chiesto informazioni su Gillet. Mi avevano detto che era l’unico inavvicinabile. Lo chiamavano ‘il presidente’: mi avevano detto di non provare nemmeno a parlare con lui». Ci provarono invece tre capi ultrà della curva barese: respinti come giovedì notte la conclusione a colpo sicuro di Cossu.

Quando la giustizia sportiva tirerà le somme, ‘Gil’ rischia una squalifica per omessa denuncia: ma non sarebbe una macchia grave, dal punto di vista morale, per uno che nel mare in tempesta di una stagione travagliatissima nel ruolo di capitano del Bari ha sempre provato a tenere la barra dritta. Come giovedì notte al Dall’Ara, quando volava da un palo all’altro sfidando la forza di gravità: non per nulla lo chiamano il Gatto di Liegi (la sua città natale). Come quell’altro Gatto che parò qui, ma di Casalecchio: al secolo Gianluca Pagliuca.

di Massimo Vitali