Bologna, 7 aprile 2014 - Come spiegare la crisi del Bologna. Si può fare l’elenco delle cessioni eccellenti. Oppure contare i soldi incassati fra diritti tv e i saldi attivi al calciomercato e chiedersi perché se ne sia dovuto andare anche Diamanti. O, in alternativa, domandarsi chi mai (Zanetti no, Becchetti nemmeno) avrà il coraggio di entrare in questo club per il quale, parole di Consorte, presto (in mancanza di ricapitalizzazione) inizierà il conto alla rovescia. Ma oltre a quelli tradizionali, appena elencati, c’è anche un nuovo e innovativo sistema che proprio il Bologna sta brevettando come efficace termometro in grado di misurare la sua febbre sempre crescente. Si chiama il metodo dei capitani.

Dall’aprile del 2012 fino all’aprile del 2014, la fascia bianca è passata di braccio in braccio per nove volte. Nove in due anni: record del mondo, probabilmente. Vediamo. Da Di Vaio a Portanova, finché il difensore (estate del 2013) cede la fascia a Diamanti, salvo poi riaverla indietro, ma solo fino a gennaio quando viene ceduto e la fascia torna a Diamanti. Poi, siccome nel dizionario rossoblù «fascia di capitano» è sinonimo di cessione, se ne va anche Diamanti (e siamo a febbraio di quest’anno). Viene indicato Perez come erede di Alino, ma da Diego la fascia è finita al braccio di Natali. E sabato sera Natali c’era, ma la sua fascia era sparita. Faceva bella mostra di sé al braccio di Kone. Può funzionare bene una società che battezza nove capitani differenti in due anni?

Stefano Biondi
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