Canestri e allegria: ecco il Jordan Fortitudo

Charles in via San Felice dal 1979 al 1982 compone con Starks la coppia perfetta: lui tira e fa canestro, mentre Marcellus domina a rimbalzo

Migration

di Alessandro Gallo

Corre l’anno 1979: in Italia cominciamo ad andare pazzi per i telefilm di Starsky & Hutch. Moro e riccioluto il primo, biondo e liscio il secondo: la coppia perfetta. Anche Basket City, sponda Fortitudo, scopre la coppia da sogno: Charles Jordan e Marcellus Starks. Il secondo si occupa di spazzare qualsiasi pallone venga respinto da canestro e tabellone. Il primo è un cannoniere straordinario che, nelle giornate di vena, è capace di segnare anche 50 punti (44 da sotto, 2136 da fuori, 01 ai liberi), come accade con la Scavolini o fermarsi a quota 48, con il Bancoroma.

Siamo tra il 1979 e il 1982: il tiro da tre ancora non sappiamo cosa sia in Italia. Le statistiche, a fine gara, prevedono il computo dei tiri da sotto e delle cosiddette conclusioni da fuori. Da fuori, per dare un’idea, si va dai 3-4 metri in su. Solo che lui, Charles Jordan, che viene omaggiato all’ingresso in campo da una speciale presentazione del Lungo – al secolo Lanfranco Malagoli, il fantasioso speaker dell’Aquila – tira già da tre, senza saperlo.

Ci sono le giornate in cui, grazie alle sue lunghe leve, supera in palleggio il centrocampo e, dopo un metro, tira. E fa canestro.

Sembra una pazzia, per tutti, ma non per lui, per Charles che, di fatto, è Jordan, ben prima di Michael, il fenomeno dei Tar Heels di North Carolina e Chicago Bulls.

Lui, Charles, nasce a Indianapolis, il 31 gennaio 1954. Duecentocinque centimetri per un quintale di peso: è la classica ala-forte, che ben si sposa con le capacità di Starks. Il feeling è così forte, che Marcellus conquista valanghe di rimbalzi perché sa sempre dove cadranno le conclusioni sbagliate del gemello-diverso Charles.

C’è chi gli rimprovera di tirare troppo. Lui, Charles, tace, ma è proprio Marcellus a correre in sua difesa, spiegando che è lui, Starks, a chiedere al compagno di squadra di tirare.

Un anno nella Aba, con la maglia degli Indiana Pacers, poi un paio di stagioni di stop fino a quando il buon Charles, che in tasca ha una laurea in Economia, trova ospitalità in Francia, nelle fila dell’Asvel Villeurbanne.

E’ in Francia che lo adocchia John McMillen: Charles è perfetto per il suo modo di concepire la pallacanestro. Non è più la Fortitudo del primo Mc Millen – "andiamo a divertirci" –, ma è una squadra che punta a segnare un punto in più dei rivali.

E Jordan di punti ne segna in quantità industriali anche se a chi l’ha visto all’opera in Fortitudo, tra il 1979 e il 1982, resta più di un dubbio. Quanti punti avrebbe segnato, il Jordan biancoblù, se il tiro da tre fosse stato introdotto qualche anno prima del 1984? E’ l’elemento perfetto per John McMillen, un po’ meno per Dodo Rusconi, che prenderà il posto, nel frattempo, di Mauro Di Vincenzo.

Tre stagioni per Jordan: in totale 92 presenze e 2.248 punti. Uno dei migliori in assoluto, come media, nella storia dell’Aquila. Tanto funambolico in campo, qualcuno paragona le sue piroette alla danza di Carla Fracci, quanto taciturno e silenzioso fuori. Un esempio? Il suo periodo peggiore – arriva sull’orlo di taglio –, è legato al fatto che, non avendo trovato un alloggio di suo gradimento, è costretto a vivere in albergo. Questa situazione lo angoscia e incide sulla sua precisione. Qualità balistiche che rispuntano quando, abbandonata la zona di via San Felice (a malincuore) trova casa a San Lazzaro. Una volta si presenta in piazza Azzarita, dove la squadra deve trovarsi, per partire in pullman per una trasferta. Ci arriva con largo anticipo: il motivo? E’ il compleanno di Marcellone e Charles vuole farsi trovare pronto almeno con un biglietto d’auguri. Ha la fama di nottambulo e in un momento in cui la Fortitudo non gira, parte l’accusa: "Sei stato visto alle due di notte, dalle parti della stazione, con un maglione rosso".

La condanna è immediata: Charles non replica, tace. Fino a quando è proprio il sodale Starks a fare ammenda: "Il nero con il maglione rosso che avete visto dalle parti della stazione ero io". Il Barone Nero è considerato più tranquillo e bastano quelle parole a chiudere l’incidente. Ma se Marcellus non fosse uscito allo scoperto, Jordan non avrebbe proferito parola.

Silenzioso nello spogliatoio, curioso fuori: Jordan va al Luna Park, frequenta i cinema e le osterie perché vuole capire Bologna. E, una volta smessi i panni del giocatore, dopo l’allenamento, ha mille interessi: balla, prende l’auto e corre in Riviera, gioca a frisbee ed è pure un asso dello skateboard.

Resiste tre anni, Jordan, poi, appunto, Rusconi decide di cambiare la struttura della squadra affidando la regia a un americano: il sacrificio di Charles è inevitabile. Va a Ferrara e, sulla carta, con John Ebeling, potrebbe ripetere le gesta della fantastica coppia che fa la gioia, all’ombra delle Due Torri, della Fossa dei Leoni. Non lo cerca più nessuno, ma Charles resta innamorato di Bologna. E allora, visto che ha due leve straordinarie e in patria, ha praticato più sport, lo rivediamo protagonista nel football americano, in maglia Doves. Pur essendo veloce e bello da vedersi, l’approccio non è lo stesso che con la maglia della Fortitudo. Finisce così l’avventura di Charles Jordan a Bologna.

Di Starky & Hutch, tornando all’inizio, hanno pensato e prodotto pure un remake. Niente da fare, purtroppo, in Fortitudo. Una coppia com Starks&Jordan – anche perché adesso gli stranieri sono molti di più – non la rivedremo così facilmente.

(4. continua)

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro