Conti: "Giocare a Budrio è un privilegio"

Simone, classe 2000, è il bomber con 22 punti di media in serie D. "La categoria non mi interessa, mi diverto in un gruppo giovane"

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di Giacomo Gelati

Gli sforzi di Davide Bovi, presidente e coach di Budrio, di portare tra le fila gialloblù un top player come Simone Conti sono stati ricambiati. Così il playmaker bolognese classe 2000 (studente al secondo anno di Scienze motorie), cresciuto in Virtus ed esploso in Pontevecchio (C Gold) prima di vestire le maglie di Giardini Margherita (serie D), Kleb Ferrara (A2) e Cecina (serie B), ha iniziato nel migliore dei modi la sua esperienza budriese, con 22 di media nelle prime uscite di campionato.

"A me non interessa la categoria – spiega il numero 5 –, gioco in un bel contesto e mi diverto, per quanto mi riguarda è la sola cosa che conta per dei privilegiati come noi. A Budrio è successo tutto per gioco, ho iniziato ad allenarmi con loro e, col fatto che a Modena (C Gold) non avrebbero fatto il campionato, sono arrivato qua sapendo che andavo a colpo sicuro. Conoscevo già il ds Lamberto Grilli e mi ero già allenato l’anno scorso per recuperare da un infortunio. Mi sono detto disponibile e a quel punto si è concretizzata la cosa".

Un habitat perfetto, specie in tempo di Covid. "Come dice sempre coach Bovi per noi l’obiettivo di quest’anno è giocare insieme, divertirci, passarci la palla e fare quello che normalmente fa una società di pallacanestro, poi se arriviamo in fondo vedremo. In questo campionato è molto importante giocarle tutte e arrivare in fondo e in salute. È un gruppo giovane e con voglia. Sapevo che andavo in un contesto del genere ed è stato un bell’incentivo".

Il ritorno in campo dopo un anno di stop.

"È tutto un po’ strano, soprattutto entrare in palestra alle sette di sera e vedere che non c’è nessuno che si allena prima: credo che non permettere ai ragazzi di vivere uno sport come questo avrà delle ripercussioni, secondo me perdere un anno così è dannoso e in futuro farà la differenza la forza mentale di chi vorrà diventare un giocatore e chi no".

Il ritorno al contatto dopo una stagione di individuali. "Io non ho mai smesso di allenarmi, però tornare in campo dopo un anno, a prescindere dalla categoria, è una sorta di sensazione nuova".

L’assenza di pubblico. "Si sente abbastanza ed è strano". La riconoscenza verso chi lo ha condotto fin lì. "Marco Carretto è stato l’allenatore che mi ha fatto diventare ciò che sono adesso, mi ha fatto crescere dall’ultimo anno under 18 con la Pontevecchio e mi ha fatto fare il salto di qualità: ritrovarlo in A2 a Ferrara come viceallenatore è stato d’aiuto".

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