’Hoop Cities’, Bologna diventa come New York

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di Giacomo Gelati

Bologna come New York. D’ora in poi Bologna in America non sarà più l’appellativo per indicare la mortadella d’oltreoceano, o il condimento per gli spaghetti: ci sono voluti gli stellari fasti di Virtus e Fortitudo, gli attracchi di ‘Vincenzino’ e ‘Beli’, i playground, il derby e una cultura cestistica intessuta nell’anima cittadina. È stato presentate al PalaDozza il capitolo bolognese del documentario Hoop Cities, prodotto da Nba Europe in collaborazione col sito La Giornata Tipo di Raffaele Ferraro, che in 40’ ha esplorato la cultura locale, la storia e la sterminata comunità locale della palla a spicchi (Belgrado, Colonia, Leverkusen, Istanbul, Kaunas, Parigi, Siviglia e Salonicco, le altre realtà coinvolte). Inevitabile parterre de roi per l’occasione, con Davide Lamma e Marco Belinelli stretti in un abbraccio fra capitani antagonisti e amici, col sindaco Matteo Lepore e papà ‘Lello’, coach-leggenda delle ‘minors’, ma anche l’ala virtussina Cecilia Zandalasini e il giornalista Walter Fuochi. "Noi non abbiamo mai avuto dubbi: Bologna è Basket City – dice Lepore –. Grazie al pubblico presente, Raffaele Ferraro, Mattia Santori, Roberta Li Calzi, Bologna Welcome e Mubit, che ribattezzeremo ‘Dai mò Mubit’ visti i ritardi nella sua finalizzazione. Scherzi a parte una serata come questa è il preludio di quello che vogliamo fare. Siamo contenti che calcio e basket ripartano con le donne a Bologna. Stasera è un assaggio per capire come usare questo spazio in altri modi".

Star della serata, Marco Belinelli racconta i primi passi nel massimo campionato mondiale. "In Nba mi chiedevano tutti di Bologna – dice Belinelli –, perché Bologna era conosciuta per il cibo, anche se magari non conoscevano bene la rivalità fra Virtus e Fortitudo. Quando ero a San Francisco andavo in un ristorante che aveva le lasagne alla Belinelli: negli anni ho fatto conoscere la mia città oltreoceano. Fra le realtà che ho vissuto che più assomigliano a Bologna direi Philadelphia e San Francisco, ma è New York quella che più può assomigliarle per la passione cestistica".

Condensare in 40’ una città del basket non è stato facile. "È stato difficile riassumere tutto – spiega Ferraro –, potevamo fare una serie lunga come Lost, ma siamo stati bravi. Basket City non è solo Virtus e Fortitudo, ma sono soprattutto le minors: c’è una quantità di gente che gioca sempre, il venerdì sera, ma anche al campetto con 2 gradi. Per me è un sogno aver contribuito a realizzare qualcosa sulla mia città".

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