Il sogno americano di Elia "Dai Ravens a Kenesaw: studio, gioco e mi diverto"

Ricci, 17 anni, è volato nel Nebraska per un’esperienza unica con i Blue Devils "Vengo utilizzato come defensive end e kicker. E faccio parte dello special team".

Il sogno americano di Elia  "Dai Ravens a Kenesaw:  studio, gioco e mi diverto"

Il sogno americano di Elia "Dai Ravens a Kenesaw: studio, gioco e mi diverto"

di Alessandro Gallo

Da Castel San Pietro (e prima ancora Imola) a Kenesaw, nello Stato Americano del Nebraska. E’ la storia di Elia Ricci, classe 2006, attualmente exchangestudent, con il sogno della Nfl, ma anche con la consapevolezza che il football americano, almeno ai massimi livelli, potrebbe anche non essere il suo futuro.

Elia, da cosa cominciamo?

"Dagli studi. Frequento, o almeno frequentavo, il liceo scientifico sportivo Malpighi Visitandine di Castel San Pietro".

E adesso?

"Sono alla Pubblic High School di Kenesaw. Ho cominciato a frequentare i corsi il 16 agosto".

E prima?

"Ho affrontato un camp a New York, per una decina di giorni, per ambientarmi nella nuova realtà. Il mio sarà un anno di studio, mescolato all’attività con il football".

Com’è nata la passione per il football?

"E’ stato durante il periodo del Covid. Ho cominciato a seguire le partite della Nfl, in più ho visto alcuni film, come ‘Ogni maledetta domenica’. Ho iniziato a prendere informazioni e cominciato a giocare con i Ravens Imola".

Prima del football?

"Come tanti ragazzi ho provato nuoto, taekwondo, calcio e basket. Ma non è mai scattata la scintilla. Quella che invece ho sentito con il football. Durante la quarantena mi sono confrontato con mia mamma, Chiara. E da lì è nato tutto".

Qual è il suo ruolo?

"Mica facile riassumerlo".

Perché?

"Ne ho cambiati diversi"

Raccontiamoli.

"A livello giovanile, con i Titans Romagna Forlì, sono stato utilizzato come ricevitore e cornerback. Poi in Terza Divisione, con i Ravens, mi sono mosso come quarterback".

E adesso?

"Defensive end, kicker e ritornatore dello special team".

Come si chiama la squadra?

"I Blue Devils di Kenesaw".

Cosa si aspetta?

"Di vivere, come sto facendo, una bella esperienza. C’è da rimanere a bocca aperta, vedendo gli impianti che ci sono. Il campus è incredibile. Più che a scuola, mi sembra di essere al parco dei divertimenti".

Ma ci sono dei sacrifici da affrontare.

"Vero. Due settimane fa il termometro, alle 15, non scendeva mai sotto i 35 gradi".

E quindi?

"Il regolamento prevede che non ci si possa allenare".

E allora?

"Sveglia all’alba. Allenamento dalle 6,15 alle 7,30. Poi doccia e alle 7,50 le lezioni".

Partite ufficiali?

"Già affrontati i Loomis Wolves".

Le manca casa?

"Sento la mancanza della mia famiglia, papà Sandro e mamma Chiara. Poi Greta, la mia fidanzata. E tutti gli amici".

Per fortuna che ci sono i social.

"Appunto. Sono sempre in contatto".

Qual è la sua sistemazione?

"Sono in una casa, c’è la mamma americana, Tina. Ho a disposizione una camera".

Cibo?

"Ecco, voi non potete capire".

Ci spieghi.

"Diciamo che è il modo di comprendere un’altra cultura".

In che senso?

"Anche loro hanno la pasta. Ma, se posso dirlo, è molto diversa da quella alla quale siamo abituati nel nostro paese. Qua è tutto in scatola. Sogno un piatto di pasta, ma come dico io. Andrebbe bene anche una pizza. Ma come la facciamo noi italiani".

Esperienza dura?

"Diversa. Qui ci sono 25 tipi di fast food differenti. Poi in questo stato c’è il culto delle bistecche e delle pannocchie. Qui ci sono interi campi coltivati a mais. Le bistecche le conoscevo già. Il modo di cucinare le pannocchie un po’ meno. Anche questo mi dà modo di comprendere un mondo diverso".

Il sogno?

"Beh, ovvio. Arrivare nella Nfl. Ma resterà tale. Torno l’anno prossimo, ad aprile. E magari mi ritaglio uno spazio in Prima Divisione. Anche perché…".

Dica.

"Parliamoci chiaro. Sarebbe un cambio drastico di prospettiva. Vivere negli Stati Uniti, seppur piacevole, vorrebbe dire rinunciare a tanti affetti. La famiglia, la fidanzata, gli amici. Avventura piacevole, ma credo a termine".

E nel tempo libero?

"Non ce n’è tanto. Abbiamo mangiato a casa dell’allenatore e ogni giovedì ci troviamo a casa di qualcuno dei giocatori più esperti".

L’unico straniero al campus?

"L’unico italiano. Ci sono anche tedeschi e spagnoli. Ma qui è veramente un altro mondo per giocare a football. Per questo vorrei ringraziare tutti quelli che mi sono stati vicino e mi hanno spinto a provare".

Chi deve ringraziare?

"Mamma e papà. La mia fidanzata, Greta Buganè e Mattia Ghini che è il mio miglior amico. E i coaching staff di Ravens e Titans".