L’amarezza di Mancinelli: "Forse smetto"

Il capitano della Fortitudo non riesce a voltare pagina: "Una stagione molto complicata, vorrei rigiocare subito le partite andate male"

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di Massimo Selleri

Stefano Mancinelli rompe il silenzio. La delusione per la retrocessione della Fortitudo non è scemata, ma Bologna è una città particolare dove tutti si conoscono e appena il Mancio mette i piedi fuori da casa c’è subito chi gli chiede che cosa non ha funzionato e per quale motivo l’anno prossimo la Effe giocherà in serie A2.

"Le annate storte possono accadere – racconta il capitano biancoblù – e fino dalle prime uscite si era capito che la nostra stagione sarebbe stata molto complicata. La squadra è stata sbagliata dal punto di vista tecnico e i tanti infortuni ci hanno impedito di raggiungere quella compattezza che può aiutarti a superare quelli che sono i limiti dei singoli giocatori. I problemi fisici non hanno risparmiato neppure chi è arrivato in corsa, per cui abbiamo sempre dovuto fare i conti con avversari che spesso avevano il vantaggio di conoscersi già, mentre noi non eravamo amalgamati. Anche il fatto di avere cambiato allenatore dopo la prima partita di campionato ha avuto un peso rilevante". A marzo lei è tornato a referto, ma non la si è più vista in campo. Come mai?

"A novembre mi ero infortunato alla schiena e avevo davanti due strade: la prima era quella di curarmi considerando già conclusa la stagione e la seconda era quella di operarmi per tornare a giocare. Optai per la seconda perché tutti sanno il bene che voglio alla Fortitudo e, infatti, ero già a disposizione per la seconda metà del girone di ritorno e soprattutto stavo bene fisicamente. Ero pronto a giocare già per il derby di ritorno. Poi il coach Antimo Martino mi ha convocato per un colloquio e mi ha detto che, avendo trovato una buona chimica, non sarei più sceso in campo per non alterare questo equilibrio".

Essendo la squadra ultima in classifica non deve essere stato facile accettare queste parole. Come ha reagito?

"Chiaramente non l’ho presa bene, anche perché avevo fatto di tutto per tornare a disposizione. Pensavo di potere dare anche solo 5’ di qualità e che quei 5’ sarebbero comunque stati utili alla squadra. Ci sono momenti, però, dove uno non può mettersi a discutere perché la situazione è molto delicata, per cui ho deciso di stare vicino alla squadra sia dentro la palestra che fuori essendo quella una fase critica della stagione".

Ne ha parlato con la società? "Mi sono confrontato e siamo arrivati a questa conclusione: tra i compiti dell’allenatore vi è quello di scegliere ed è giusto che Martino abbia deciso quello che riteneva più opportuno per la squadra. In quel momento le frizioni non servivano, per cui ho preferito la via del silenzio. Tanti mi chiedevano come mai non giocavo, ma sia in privato che pubblicamente non ho mai spiegato quale fosse la realtà delle cose anche per tutelare i miei compagni. Le polemiche non avrebbero aiutato la squadra: era necessario garantire la sua serenità per provare a risalire la china e salvarsi".

E’ già il momento di parlare del suo futuro?

"No. Credo che aspetterò ancora qualche settimana per decidere se sia il caso di smettere definitivamente o di continuare a giocare. Sono ancora molto deluso e amareggiato per questa retrocessione e l’unica cosa che adesso vorrei veramente fare è rigiocare quelle partite che potevamo vincere e che, invece, ci hanno visti uscire sconfitti dal campo. Purtroppo non si può, ma faccio fatica a dimenticare una stagione così difficile".

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