Ma è un calcio poco normale

Leo Turrini

Antonio Conte ha lo stesso problema di Giuseppe Conte, il premier. Il virus. Tra derby e debutto in Champions, il Covid ha tolto all’allenatore due titolari su tre in difesa (Bastoni e Skrjniar), due esterni fondamentali (Hakimi e Young) un centrocampista prezioso come Gagliardini e un possibile cambio come Nainggolan. E meno male, allora, che col Borussia la Beneamata ha evitato la sconfitta in extremis.

Come si fa, in situazioni simili, a ragionare serenamente di calcio? Sì, certo, i grandi club dispongono di organici folti, ma, senza scomodare la teoria di Trilussa sulla media dei dieci polli mangiati da dieci persone (c’è chi se ne pappa sei da solo...), non ci vuole Einstein per decretare che non tutti i giocatori sono uguali. E una rosa senza quattro titolari (e mezzo) è un handicap mica da ridere.

Tutto questo per ribadire che siamo costretti dal destino ad abituarci ad un calcio strano come mai prima. Senza pubblico, con squadre talvolta decimate dalla pandemia, nella purtroppo vana ricerca di una normalità che dolorosamente ci sfugge, giorno dopo giorno, ora dopo ora, tampone dopo taone...

Scritto che è anormale anche la sconfitta casalinga del Real contro gli ucraini nello stesso girone, forse l’unico aggancio con un passato che sogniamo di recuperare è l’impresa corsara dell’Atalanta, simbolo del nostro dolore collettivo.

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