’Mangiafuoco’ McRae, il re delle schiacciate

Una sola stagione in Fortitudo nel 199697: abbastanza per conquistare l’affetto dei tifosi. Stroncato da un infarto a 29 anni

di Alessandro Gallo

Il rullo dei tamburi, il ritmo sempre più frenetico, chiuso dall’urlo liberatorio: "McRae".

Conrad McRae ha indossato la maglia della Fortitudo per una sola stagione. Ma la sua spettacolarità – che faceva dimenticare anche le lunghe pause –, insieme con la precoce scomparsa, lo rendono uno dei giocatori più ammirati e rimpianti della Fortitudo della gestione Seràgnoli.

La Fortitudo e Sergio Scariolo si innamorano di lui dopo aver pagato dazio in Coppa Korac, annichiliti dalla fisicità del giocatore nato a New York l’11 gennaio 1971, che gioca con i colori dell’Efes Pilsen Istanbul. Con quella maglia vince non solo il campionato turco, ma anche la Coppa Korac. Arriva a Bologna non solo dopo aver dimostrato di essere un lungo esplosivo, ma anche con la fama di Mangiafuoco.

Il soprannome gli viene affibbiato nel 1994, in occasione dell’All Star Game europeo. C’è la gara delle schiacciate che, per Conrad, come si ama dire adesso, è la specialità della casa. Schiacciate di potenza, rovesciate, saltando uomini od oggetti. Alla fine, per stupire i tifosi che trovano spazio nel palasport di Valencia, si fa venire un’idea... pericolosa.

Non tanto perché salta su tre uomini, quanto, piuttosto – in rete potete ancora trovare le immagini – decide di farlo con un pallone al quale, lui stesso, dà fuoco. Che cosa abbia usato per accendere le fiamme senza far esplodere il pallone resta un segreto: la sfera infuocata, però, finisce a bersaglio e, da quel giorno, diventa Mangiafuoco McRae.

Del personaggio di Collodi, però, Conrad non ha assolutamente nulla. E’ solare, giocoso, pronto a dialogare con il pubblico. Di più: insieme con una varietà incredibile di schiacciate, lui aggiunge la ciliegina.

Quando atterra (da distanze che noi umani...) McRae si lascia andare a esultanze e pose che non possono che caricare il pubblico. E a caricare d’entusiasmo la Fossa dei Leoni – anche se in quella stagione si gioca al PalaMalaguti di Casalecchio – ci vuole poco.

Eppure il suo inizio con la maglia Fortitudo è tutt’altro che rose e fiori. Quando atterra al Marconi, nell’estate del 1996, viene accolto dal direttore sportivo Santi Puglisi, Conrad ha tra le mani un cappello di paglia e una piccola borsa sulle spalle.

Deciso a rifarsi il guardaroba a Bologna? Macché, partito da New York con almeno 4-5 valigie, Conrad finisce per pagare lo scalo intermedio di Francoforte. I suoi bagagli, almeno per i primi giorni, fanno il giro del mondo. Poco fortunato con i voli, ma pure con le faccende domestiche.

Si trova nell’appartamento che gli ha trovato la Fortitudo quando si rompe un bicchiere.

Siccome la sfiga, a differenza della fortuna, ci vede benissimo, Conrad si procura una brutta ferita alla mano. Risultato?

Non può allenarsi, non può giocare e la Fortitudo richiama in Italia, in tutta fretta, il colosso Mike Brown.

Per fortuna tutti i problemi si esauriscono in poche settimane: Conrad trova un ottimo affiatamento con Dan Gay e diventa un idolo della tifoseria.

E comincia a schiacciare soprattutto quando il pallido John Kevin Crotty lascia spazio a Eric Murdock. Con l’arrivo di un regista veloce e intraprendente la Fortitudo sale di colpi e conquista la seconda finale scudetto consecutiva.

Si arriva a gara-cinque, con il successo di Treviso ma, proprio nella finale, c’è un curioso aneddoto che riguarda proprio il lungo della Fortitudo.

I giocatori raggiungono l’impianto di Casalecchio, essendo quello di casa, a bordo delle loro vetture. Proprio nel corso dello spostamento verso Casalecchio, Conrad ha un incidente, tampona un’auto. L’auto di un collega giornalista la cui vettura si trova, rovesciata, in una piccola scarpata. Nessuno si fa male, solo danni alle auto. E la leggenda narra che il collega, uscito carponi dalla sua auto, indichi alla polizia municipale la priorità.

"E’ McRae, è un giocatore della Fortitudo atteso dalla finale scudetto. Accompagnatelo voi".

Leggenda o meno, Conrad arriva in tempo per il riconoscimento, può giocare e vincere per la sua Fortitudo. E produrre la solita sfilza di smorfie ed esultanze coinvolgenti dopo ogni schiacciata.

È nato nella Grande Mela, ma non gli piace New York, anche se, durante un’intervista aggiunge: "Non mi piace New York, ma non ditelo alla mia mamma, ci rimarrebbe male. A Bologna, invece, ci sto proprio bene".

Non si ferma sotto le Due Torri perché Giorgio Seràgnoli cambia ancora coppia di stranieri: via lui e Murdock, spazio a David Rivers e alla leggenda Nba Dominique Wilkins. Prima Salonicco in Grecia, poi il Fenerbahce in Turchia e ancora l’Italia a Trieste. Ma Conrad, a 29 anni, si sente maturo per provare ancora la strada della Nba, dopo aver sfiorato in qualche modo il mondo dei Denver Nuggets. Salta sempre come un grillo, vuol mostrare ai professionisti che, nella Nba, può starci anche lui.

È il 10 luglio 2000, Conrad non ha nemmeno trent’anni. Il suo cuore, quello di un atleta straordinario, viene tradito da un infarto. Addio a Conrad, addio allo spettacolare Mangiafuoco. Ma i filmati delle sue schiacciate e dei suoi salti restano alcune tra le immagini più cliccate e ricercate in rete.

(19. continua)

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