Nba, Manu Ginobili si ritira dal basket

La sofferta decisione all'età di 41 anni

Manu Ginobili (LaPresse)

Manu Ginobili (LaPresse)

San Antonio (Stati Uniti), 27 agosto 2018 – Il saluto al suo mondo con un semplice tweet. «Oggi, con una vasta gamma di sentimenti, sto annunciando il mio ritiro dal basket. Immensa gratitudine a tutti (famiglia, amici, compagni di squadra, allenatori, personale, fan) coinvolti nella mia vita negli ultimi 23 anni. È stato un viaggio favoloso. Ben oltre i miei sogni più sfrenati», le parole usate da Emanuel Ginobili che, a 41 anni, ha deciso di dare l’addio al basket giocato.

Le cifre, pure incredibili, non danno l’idea di quello che l’argentino sia stato non solo per il mondo Nba, dove pure ha vinto quattro titoli (2003, 2005, 2007 e 2014, perdendo solo la finale 2013), ma per l’Italia in generale.

Ginobili stoppa Harden (Afp)
Ginobili stoppa Harden (Afp)

Quattro stagioni, nel nostro paese, con l’approdo a Reggio Calabria e poi la consacrazione con la Virtus Bologna con cui, nel 2001, firma il Grande Slam, Coppa Italia, Eurolega e, infine, lo scudetto. 

Manu nasce a Bahia Blanca il 28 luglio 1977 e sbarca in Italia, ventunenne, a Reggio Calabria. Il doppio passaporto, all’inizio, è un vantaggio per un giocatore che sbarca in Italia senza essere ancora considerato un fenomeno. Mancino, quasi snodabile, Manu per due stagioni fa impazzire Reggio Calabria, prima che la Virtus Bologna decida di prenderlo. Per la verità – almeno così narra la vulgata – la Bologna bianconera preferirebbe Andrea Meneghin, ma Giordano Consolini, fidato vice di Ettore Messina, spinge per l’argentino.

Ginobili arriva a Bologna, il tempo per – sempre la vulgata – subire una «cazziata» da Sasha Danilovic. In allenamento, Manu parte in contropiede e schiaccia. Danilovic, appena rientrato a Bologna, scuote la testa: «Giovane, non sei più a Reggio Calabria». Danilovic, però, qualche giorno dopo annuncia il suo ritiro e Manu diventa da, sesto uomo, titolare fisso. Anche se l’esordio in Eurolega, ad Atene contro l’Aek, è da mettersi le mani nei capelli. Per Manu solo un punto e il commento della dirigenza bianconera: «Se questo è Ginobili, stiamo freschi».

Dopo quell’esordio, però, Manu cambia marcia, diventa un giocatore universale. Letale da tre, esplosivo, veloce, rapido. Con lui la Virtus prende fiducia e vince Coppa Italia, Eurolega e scudetto. Proprio la finale con la Fortitudo rappresenta una sorta di passaggio di consegna: in gara-due, in casa Fortitudo, Ginobili stoppa, rimontando da dietro, Myers che, segnando, avrebbe potuto riaprire il match. Stoppata bissata qualche giorno dopo al PalaMalaguti. E’ il primo e unico scudetto. L’anno dopo vince la Coppa Italia e, alla fine, decide di andare a San Antonio. L’approccio con il guru Gregg Popovich non è dei migliori. Troppo «indisciplinato» per le regole di San Antonio. Qualche frizione. Ma tra grandi ci si capisce e ci si comprende. E Popovich, su Manu, costruisce anche la sua leggenda. Arrivano quattro titoli Nba, la storia di un club che approda sempre ai playoff. Nascono i big-three, ovvero Tim Duncan, Tony Parker e, appunto, Manu Ginobili.

Finte, triple, schiacciate, senza paura, con il sorriso sulle labbra. La leggenda di Manu prende piede anche con la maglia della Nazionale argentina: l’oro olimpico ad Atene nel 2004 (proprio sull’Italia, costretta all’argento) il bronzo a Pechino nel 2008, l’argento mondiale a Indianapolis nel 2002. Manu il grande che, nel 2014, vince la Nba aiutando anche Marco Belinelli, con il quale aveva condiviso qualche mese in Virtus. Poi gli acciacchi negli ultimi anni. Il ritiro di Duncan, suo grande amico. La decisione di Parker di cambiare aria. Nemmeno il ritorno dell’amico Belinelli (che ha subito twittato il suo saluto) gli ha fatto cambiare idea. Lascia uno dei più grandi giocatori mai visti all’opera nel nostro paese. Uno per il quale, sempre e comunque, valeva la pena di acquistare il biglietto (a qualsiasi prezzo). Uno da Hall of Fame. Che abbia trascorso quattro anni, qui da noi, è un motivo d’orgoglio. Grazie Manu per le emozioni che ci hai regalato.

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