Ducati, Dario Marchetti va in missione in Iran

Il responsabile della scuola piloti della Rossa di Borgo Panigale è stato scelto per far crescere piloti e scuderie iraniani

Dario Marchetti,  responsabile della scuola piloti della Ducati

Dario Marchetti, responsabile della scuola piloti della Ducati

Bologna, 16 dicembre 2016 - Da Castel San Pietro a Teheran, per aprire nuove strade. Da percorrere su due ruote, magari quelle di una Ducati: è l’Iran la nuova frontiera di Dario Marchetti, 55 anni, centauro bolognese che guida la scuola piloti della Rossa di Panigale, e che oggi parte alla volta del paese asiatico. Con un incarico speciale: dare una mano per progettare il futuro del motociclismo iraniano.

Marchetti, che cosa va a fare in Iran?

«Mi hanno contattato recentemente dei rappresentanti della Federazione Motoristica iraniana, chiedendomi una consulenza. Oggi parto per Teheran, dove assisterò da vicino a una prova del campionato motociclistico locale».

Quale è l’obiettivo?

«Al momento è ancora presto per dirlo con precisione. Il progetto è importante, vogliono dare un grande impulso alle gare e ai piloti del paese. Sul modo più rapido e migliore per raggiungere il risultato, però, ancora non posso esprimermi: questo viaggio servirà a tutti per avere le idee più chiare».

Perché hanno scelto lei?

«Mi hanno detto di aver fatto ricerche su Internet e di avermi scelto per la mia esperienza, avendo corso anche a Dubai, in Qatar, in Bahrein, in Giappone e negli Stati Uniti, e per la capacità di insegnare ai piloti che mi viene dagli anni passati a fare il direttore della scuola piloti della Ducati».

Qual è la situazione del motociclismo iraniano?

«Hanno un campionato nazionale con 37 piloti in classi che vanno dalla 250 alla 600 alla 1.000. Le moto sono le stesse che usiamo noi: Ducati, Honda, Kawasaki. Hanno quattro circuiti costruiti ai tempi dello Scià e non lunghissime. Hanno già invitato anche Hermann Tilke, l’architetto tedesco che ha progettato i circuiti di Formula Uno degli ultimi anni, per fargli progettare una nuova pista. Si stanno muovendo in modo importante, insomma».

Lei con chi ha parlato?

«Ho incontrato di persona il rappresentante del ministero dello sport Kamran Hafezi e il presidente della Federazione Amir Hossein Khaksar, sono venuti alla 200 miglia del Mugello e al salone del motociclo, l’Eicma, a Milano. Hanno chiesto quanto costa fare una pista come il Mugello in Iran».

Di preciso, che cosa dovrà fare nei due giorni in Iran?

«Venerdì è il loro giorno di festa e ci saranno le gare. Dovrò guardare la situazione nel complesso e poi stilare una relazione su tutto, dalla pista alla sicurezza, dal livello delle squadre a quello dei piloti. In questa gara daranno una borsa di studio al pilota più meritevole, per esempio. Parte del mio compito sarà dare indicazioni sul modo più rapido ed efficace per arrivare ad avere qualche risultato di livello internazionale, che sia la crescita di un pilota da portare nei campionati mondiali, a quella del movimento nel complesso. Quando avrò osservato di persona, potrò farmi un’idea più precisa. Di sicuro loro sono molto motivati e me l’hanno dimostrato».

Nel senso che pagano bene?

«Al di là di quello, su cui comunque non mi posso lamentare, mi hanno già chiesto se sarei disponibile a trasferirmi per qualche tempo in Iran, nel caso. Vedremo».

Al Mugello per lei è andata bene: siete saliti sul podio.

«Siamo arrivati terzi sotto il diluvio, sulla Ducati Panigale con i miei compagni Bono e Poggiali, in una gara nella quale tutti i primi sono caduti, compresi noi».

Marchetti, lei ha portato sulla Ducati biposto alcuni vip, e ha gareggiato contro un certo Bin Laden, nipote dell’ex leader di Al Qaeda. Chi sarà il prossimo passeggero illustre?

«Di alcuni non si può dire niente in anticipo per questioni di sicurezza. Ma ho portato in pista Eva Herzigova e Demetra Hampton, l’ex calciatore Rio Ferdinand, ministri spagnoli, Johnny Herbert ed un anchor-man spagnolo con il quale girammo una specie di ‘Scherzi a parte’ facendogli prendere molta paura. Mi sono divertito, ora sono molto curioso».

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