Insediatosi un anno fa alla corte del presidente Paolo Cuzzani, l’attuale amministratore delegato dei New Flying Balls Stefano Giannasi è tra gli artefici della riorganizzazione societaria che in un semestre ha portato i biancorossi di coach Giuliano Loperfido (reduci dalla vittoria a Matelica di domenica) a sfiorare l’accesso ai playoff di serie B al termine della passata stagione. Oggi, 365 giorni dopo, è tempo di primi bilanci.
Giannasi, a che punto siamo della riorganizzazione triennale?
"Gli aspetti cruciali dei nuovi New Flying Balls riguardano un nuovo sistema di lavoro e di modello organizzativo, che fa riferimento a un determinato modello manageriale, e un aspetto che definirei più spirituale e filosofico: un budget non determina un risultato. Finora è stata una bella sfida e oggi definirei i Flying come un sistema di lavoro: abbiamo consolidato alcune figure, ne abbiamo introdotte di nuove e ogni aspetto, comunicativo, gestionale e sportivo, è stato migliorato".
Questa cosa ha inciso sul rendimento dell’anno scorso?
"Sì, perché nei nostri atleti è aumentato il senso di responsabilità. Questo e tanto altro hanno inciso nell’ultima grande stagione. Inoltre si sono avvicinate alcune aziende del territorio e, con Sinermatic e società correlate, stiamo superando il binomio sponsor-club sportivo: oggi sono figure inserite nelle nostre attività, collaborano, danno pareri e consigli".
Qual è il suo prossimo obiettivo?
"Ho molta nostalgia di un coach come Valerio Bianchini, che spiegava lo sport attraverso la metafisica. Il nostro sogno è riportare il basket al suo spirito originario, per ritrovare un certo sentimento e riporre la dimensione umana ed educativa al centro di tutto. Stiamo collaborando con le aziende del territorio, con professionisti che hanno desiderio di contribuire alla causa e stiamo valorizzando tutti gli aspetti societari, dalla comunicazione all’amministrazione per far sì che siano tutti coinvolti e non ci siano compartimenti stagni".
È un tentativo di rompere lo schema basket-budget?
"Secondo me è necessario dematerializzare questo modello e riportare il basket alla sua vocazione originale, quella di pensare che una squadra è composta da atleti, che un club è un insieme di anime: ci sono 20-25 persone che lavorano quotidianamente per far sì che tutti facciano il proprio nelle migliori condizioni".
Giacomo Gelati
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