Ulivieri: "Pensavo al collettivo. Ma Roberto in campo me lo sono goduto"

"Io e lui abbiamo in comune la passione per la caccia"

Renzo Ulivieri

Renzo Ulivieri

Bologna, 18 luglio 2022 - "Non è vero che in quell’anno Baggio non me lo sia goduto: è che un allenatore deve sempre avere una visione d’insieme, deve badare al collettivo". Anche a costo, è il seguito sottinteso di Renzo Ulivieri, di panchinare il Divin Codino in quella che per i bolognesi è la madre di tutte le partite: Bologna-Juve. Acqua passata, che però in quel gennaio rovente del 1998 mobilitò giornalisti e troupe televisive da tutta Italia, che per una settimana piantarono le tende a Casteldebole manco fosse in atto una crisi di stato. "Ma poi con Roberto ci siamo chiariti, figuratevi, è una pasta di ragazzo", dice Renzaccio, che da anni è il presidente dell’Associazione Allenatori: "Baggio ed io abbiamo in comune la passione per la caccia e in Federazione l’ho anche proposto come guida del settore tecnico".

A un quarto di secolo di distanza si può dunque tornare sull’episodio che le alienò un bel pezzo di simpatie da parte di una città che lo amava e che tuttora lo conserva nella vetrinetta dei ricordi dolcissimi.

"E’ stato lo stesso Baggio, quando si presentò a Coverciano al corso allenatori, a chiedermi di raccontare quell’episodio a beneficio dei corsisti – rivela Renzaccio –. Io gli ho detto: ‘Roberto, sei sicuro? Guarda che io racconto come andarono davvero le cose’. E lui: ‘Certo, nessun problema’".

E come andarono davvero le cose?

"Si giocava in casa con la Juve e nella mia testa c’era un primo tempo di palloni alti per la testa di Andersson: quindi il suo partner ideale sarebbe stato Fontolan. Poi nella ripresa, se fossimo stati ancora in partita, avrei messo Baggio e Kolyvanov per giocare palla a terra. Farlo partire dalla panchina quel giorno fu solo una scelta tattica, una delle mille scelte che deve fare un allenatore".

La storia ha poi risarcito entrambi, perché da quell’annus mirabilis uscirono due trionfatori: Baggio e lei. Anzi quattro: una città del calcio che ogni domenica sapeva di potersi gustare qualcosa di speciale e l’uomo che rese il sogno possibile, quel Giuseppe Gazzoni scomparso due anni fa.

"Per me lui resterà sempre il mio presidente. Gli ho voluto bene, anche se quando venne nello spogliatoio per dare la fascia di capitano a Baggio, all’inizio della stagione, gli dissi no. Io la fascia di capitano la facevo scegliere dai giocatori, attraverso una votazione. Perché Baggio è Baggio, ma la democrazia è sacra".

m. v.

 

 

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