Bolelli, da Budrio a Wimbledon: "Così vinciamo nel mondo"

Il tennista: "I bolognesi: un po’ artisti, un po’ particolari" di Doriano Rabotti

Simone Bolelli

Simone Bolelli

Bologna, 5 luglio 2014 - SIMONE BOLELLI, budriese, ha 29 anni ed è titolare dell’Italia di Coppa Davis. Attualmente è alla posizione numero 132 nella classifica mondiale, ma la prossima settimana salirà a ridosso della numero cento, quando le classifiche conteranno i punti fatti a Wimbledon. Rientrato in gennaio all’Open d’Australia dopo lo stop per l’operazione al polso, ha vinto negli ultimi tre mesi i tornei Challenger di Bergamo, Vercelli e Tunisi, è arrivato al secondo turno al Roland Garros (battuto da Ferrer) e al Foro Italico (da Raonic), al terzo turno a Wimbledon partendo dalle qualificazioni e cedendo al giapponese Nishikori, numero 12 al mondo.

In Coppa Davis, ha portato all’Italia un punto decisivo in doppio con Fognini contro l’Argentina, e poi ha partecipato al successo sull’Inghilterra che ha portato gli azzurri alla semifinale del prossimo settembre contro la Svizzera a Ginevra. In questa stagione ha guadagnato 133mila dollari in premi, 2 milioni e 700mila in carriera. E’ sposato da cinque anni con la modella uruguaiana Ximena Fleitas. A Budrio vivono papà Daniele, odontotecnico, la mamma Stefania, ragioniera, e la sorella Simona, che lavora in banca.  

IL DERBY MONDIALE di casa Bolelli è andato alla signora Ximena, la moglie uruguaiana di Simone, il tennista budriese. Ma lui può essere comunque soddisfatto, perché mentre la Celeste e Suarez mordevano i sogni dell’Italia di Prandelli, lui era in campo a Wimbledon. Dove è uscito al terzo turno dopo un match durato tre giorni (compresa la domenica di sosta) dal giapponese Nishikori, numero 12 al mondo. Eppure Simone Bolelli da Budrio può sorridere: dopo il lungo stop per l’operazione al polso, dallo scorso 7 aprile è risalito dalla posizione numero 367 al mondo alla 107, che occuperà la settimana prossima.

Bolelli, sono stati tre mesi indimenticabili. «Onestamente, non me l’aspettavo neanche io che andasse così bene. Ma vincere i Challenger di Bergamo, Vercelli e Tunisi mi ha dato fiducia e mi ha permesso di fare bene anche nei tornei maggiori. La prossima settimana giocherò a San Benedetto, sperando di conquistare i pochi punti che mi mancano per entrare anche all’Us Open». Da Wimbledon torna più arrabbiato o soddisfatto? «Metà e metà. Potevo ottenere il miglior risultato della mia carriera, ma è anche vero che ho fatto molto bene, vincendo le qualificazioni e arrivando a un passo dagli ottavi. Contro Nishikori dovevo chiudere nel quarto set, poi il giorno di pausa in mezzo, prima della ripresa per gli ultimi games del match, mi ha danneggiato perché ho ripensato troppo all’occasione perduta». Lei vive a Montecarlo, ed è sempre in giro per il mondo per i tornei. Da Budrio non passa più? «Quando posso, anche se può benissimo passare un mese senza che veda i miei o mia sorella, la nostra vita è così, siamo sempre in giro per il mondo. Ma ogni volta che torno cerco di rivedere gli amici». Compreso il maestro Andrea Saetti, che l’ha avviata al tennis al Country club di Villanova? «Lui è quasi un anno che non lo sento, lo vedevo quando andavo al circolo dove gioca mio padre Daniele. Purtroppo non riesco ad essere presente a Bologna quanto vorrei, cercano di seguirmi loro quando possono. A San Benedetto verranno perché abbiamo una casa a Numana». Sua moglie Ximena l’ha presa in giro, dopo la sconfitta dell’Italia con l’Uruguay? «No, in realtà durante la partita io stavo giocando il primo turno a Wimbledon, quindi non l’ho potuta neanche vedere in diretta. Mia moglie è molto nazionalista e non accetta che abbiano squalificato Suarez, le ho spiegato che non si può andare in giro a mordere gli avversari come fa lui...». Simone, oltre a lei lo sport bolognese ai vertici internazionali è rappresentato da Belinelli, da Jessica Rossi e Martina Grimaldi, dal suo concittadino Marco Orsi. Gli sport di squadra invece faticano. «Secondo me una spiegazione c’è, al di là dei discorsi tecnici. Edoardo Infantino, con cui lavoro quando sono al centro tecnico di Tirrenia, me lo dice spesso: voi bolognesi siete tutti artisti, un po’ particolari. Secondo me siamo gente che non ha molto bisogno del gruppo, per esprimersi bene». Bolelli, dove vuole arrivare? Prima dell’infortunio diceva: tra i primi dieci. «Adesso mi accontenterei di chiudere l’anno abbondamente entro i primi cento, per poi dare il massimo nel 2015 e vedere dove posso arrivare. Ma adesso mi metto meno pressione, e questo mi sta aiutando molto».

Doriano Rabotti

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