Zaccarelli: "Bologna, lo specchio di Thiago"

L’ex diesse rossoblù: "Come giocatore aveva attenzione per gli inserimenti e le geometrie: concetti che sta trasmettendo alla squadra"

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di Massimo Vitali

"Bologna e Torino che cosa vogliono fare da grandi? Bella domanda".

Renato Zaccarelli è un gentiluomo del pallone che quando si tratta di chiacchierare di Torino e Bologna non si nega mai: questione di cuore (il Toro) e di incroci, finiti così così, del destino (Bologna). In casa granata ‘Zac’ ha un posto fisso nel pantheon dei grandi, mentre Bologna è un rospo che a sedici anni di distanza da quel brusco divorzio l’ex diesse rossoblù ammette di aver ingoiato a fatica, nonostante educazione e saggezza oggi gli impongano solo un signorile distacco.

Zaccarelli, che Torino si troverà di fronte il Bologna?

"Una squadra in salute, che in poche settimane è passata dalle difficoltà all’euforia. La vittoria con l’Udinese aveva interrotto una striscia molto pesante di risultati negativi, ma poteva rimanere un exploit".

Invece è arrivato il Milan e Juric ha dato un dispiacere anche a Pioli.

"Battere la squadra campione d’Italia ha ridato slancio e fiducia all’ambiente".

Anche il Bologna sistemerà le sue trappole: la squadra di Motta non è la stessa di tre settimane fa.

"Ho visto un bel pezzo della partita col Monza: il Bologna non ha rischiato quasi nulla e ha colpito quando c’era da colpire. Del resto nel calcio non s’inventa nulla: un allenatore nuovo, quando arriva, deve ribaltare mentalità, sistema di gioco, abitudini. E tutto questo a Bologna era molto radicato dopo i quattro anni con Mihajlovic".

Che Bologna sta prendendo forma?

"Vedo una squadra che assomiglia molto al Motta calciatore. Lui in campo aveva il senso delle giocate, degli inserimenti, delle geometrie e mi sembra che stia modellando una squadra su questi concetti. Del resto un allenatore, se è stato calciatore, in panchina porta sempre il suo vissuto: il calcio di Sinisa era aggressività, quello di Motta mi sembra più riflessivo".

Il calcio di Juric, invece, è battaglia.

"Sì, battaglia su ogni pallone. E là davanti c’è un Pellegri che sta crescendo bene. Al Toro non mancano gli esterni e le mezzepunte di qualità, ma dopo la partenza di Belotti gli serve uno che la butti dentro. Non so se Pellegri può diventare questo tipo di attaccante, ma è un ragazzo che sta trovando continuità e autostima".

Sull’altro fronte, quasi certamente, ci sarà Arnautovic.

"Uno di quei giocatori che cambiano il volto di una squadra. Prima c’era Palacio, che da solo indirizzava tutta la fase offensiva. Adesso c’è Arnautovic, che segna anche molto di più".

Lei ripensa ancora a quel licenziamento in tronco deciso dal presidente Cazzola nell’agosto 2006 quando da diesse del Bologna, in B, le sfuggì Ferreira Pinto?

"Ogni tanto ci penso e mi è rimasto un po’ di amaro in bocca. A Bologna stavo bene, si potevano fare delle belle cose insieme. Pazienza".

Da ex diesse a diesse: come giudica il lavoro di Sartori?

"Mica facile fare il mercato con un allenatore e poi dopo poche partite ne arriva un altro. Però quest’anno c’è la scappatoia della lunga sosta per i mondiali: c’è tutto il tempo per fare dei correttivi, se servirà".

Non ha risposto alla domanda iniziale: Bologna e Torino che cosa vogliono fare da grandi?

"Mi verrebbe da dire che due club così, per la loro storia, devono puntare all’Europa League. Ma siamo solo all’inizio, certe gerarchie sono difficilissime da scardinare".

Zaccarelli, lei a 71 anni come vive il calcio?

"Quando posso a Torino vado allo stadio, perché il calcio dal vivo resta un’emozione unica. Seguo anche mio figlio Edoardo, che è il vice allenatore dell’under 15 granata. E ogni tanto rivedo i vecchi amici del pallone: ne abbiamo tante, insieme, da ricordare...".

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