Zatti, Pellacani, Lamma: facce da Playground

Jack il re incontrastato alla guida dei ‘Cartoloni’, Nino rispondeva con l’Accademia di Belle Arti. Davide, dialogo azzurro con Recalcati

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di Alessandro Gallo

Richardson e Boni, Zatti e Pellacani, Lamma e Moretti, Danilovic e Recalcati, Brown e Crippa. Cos’hanno in comune? Hanno giocato a pallacanestro e all’ombra delle Due Torri, si sono distinti per aver partecipato a vario titolo al Playground, il torneo che quest’anno compie quarant’anni. Personaggi che, come artisti del calibro di Lucio Dalla o Diego Abatantuono o altri sportivi del livello di Marco Pantani e Gimbo Tamberi hanno contribuito, dal 1982 in poi, a creare un alone di leggenda attorno al torneo all’aperto più famoso d’Italia.

Si diceva di Danilovic. E’ vero che Sasha non ha mai preso parte, come giocatore, alla manifestazione. Ma in più di un’occasione è stato spettatore e, nella prima metà degli anni Novanta, è stato anche uno dei proprietari delle squadre con il marchio Playground, che era un negozio di articoli sportivi che Predrag aveva aperto con Coldebella.

E Paolo Moretti? Beh, oltre ad averci giocato Paolino ha fatto di più. Quando nel 2001 ha deciso di ritirarsi dal basket giocato, ha scelto questo scenario insolito per salutare amici e parenti. C’è una foto che ritrae un giovanissimo Davide Moretti di tre anni (oggi a Pesaro) in braccio a mamma Mariolina. E ci sono gli amici di una vita, Roberto Brunamonti, Flavio Carera e Augusto Binelli che gli tributano un’ovazione.

E Richardson? Lo troviamo, una prima volta, alla fine degli anni Ottanta in maglia Saxon e con tanto di tesserino di affiliazione Uisp. Poi, dieci anni più tardi, con tanta voglia di tornare nel Bel Paese, come testimonial di se stesso. Per dimostrare di avere ancora talento e la capacità di fare sempre la differenza.

Giacomo Zatti e Nino Pellacani, grandi amici dentro e fuori dal campo, hanno avuto il grande merito di ‘sdoganare’ il torneo. Grazie a loro il coinvolgimento dei big di serie A. Zatti, che da sempre è considerato il re del Playground, è il leader dei Cartoloni, la squadra di Pigi Rossi che ogni anno se ne inventa(va) una. Come quello di stampare il numero di telefono sulle magliette (i cellulari ancora non esistevano) per ottenere qualche appuntamento con le rappresentanti del gentil sesso. Nino, invece, con l’Accademia di Belle Arti mette insieme un supergruppo con Vidili e il Papero Montecchi e, in panchina, un artista (poi anche assessore alla cultura) del calibro di Concetto Pozzati. E a proposito di cultura non può passare inosservato il percorso del Cus Bologna che vince il Playground e, per la prima volta, porta un magnifico rettore sui gradoni dei Giardini Margherita, Ivano Dionigi poi Francesco Ubertini.

E che dire di Mario Boni? Nel 1994 è protagonista, suo malgrado, di un giallo. Per la Fip è squalificato, una squadra lo schiera a referto e i fischietti, almeno inizialmente, non fanno iniziare la partita. "Mario Boni non può giocare". In realtà il torneo non è sotto l’egida Fip, ma sotto gli enti di promozione sportiva e Mario Boni, alla fine, può scendere regolarmente in campo. Chi non avrebbe dovuto giocare è Davide Lamma. Estate 2003: Davide è nel mirino della Nazionale. Il ct azzurro, Carlo Recalcati, si raccomanda: "Davide, solo un passaggio, senza giocare".

"Tranquillo coach, vado solo a salutare gli amici", la replica di Lamma. Il ct prende informazioni: tutti giurano che Davide non abbia messo piede in campo. La realtà è che Lamma gioca 40 minuti di fila. Poi va in Svezia e vince il bronzo agli Europei: tutto è bene quel che finisce bene.

Come per Claudio Crippa: non è ancora il regista di scorta della Virtus di Ettore Messina, ma l’idolo incontrastato di Pistoia. Nel 1990 si presenta con una Bmw scura. "Ho portato un amico, può giocare?", la timida richiesta di Claudio. Dall’auto esce una montagna di muscoli: è Mike Brown (in quel momento nella Nba), che gioca e trascina in finale la sua squadra. Favole che solo sul cemento del Playground si possono concretizzare.

E gli artisti e gli altri sportivi? Lucio Dalla era uno spettatore tanto affezionato quanto discreto. Arrivava con lo scooter e, spesso, seguiva le gare seduto sulla moto, in posizione defilata. Abatantuono è stato ospite accompagnato da Stefano Nosei e Stefano Bonaga. Marco Pantani si è fatto vedere più volte, mentre Gianmarco Tamberi, prima di giocare l’All Star negli States, ha fatto le prove generali proprio ai Gardens, nella stessa squadra con il sindaco (all’epoca assessore allo sport) Matteo Lepore. Roba da Giardini Margherita.

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