De Marchi: "Dal Sassuolo all'Atalanta, il futuro del nostro calcio è nei giovani"

L'ex Juve porta a Bologna il top mondiale under 15: e il Palmeiras

Marco De Marchi assieme a Roberto Baggio

Marco De Marchi assieme a Roberto Baggio

De Marchi, da procuratore e da ex giocatore, come spiega che oggi in Italia siano spuntati così tanti giovani improvvisamente di valore?

«Perchè i club hanno lavorato bene in questi anni: hanno investito in allenatori, insegnanti e strutture. Non è un caso che l’Atalanta abbia trovato così tanti giovani: ha una storia, ha mentalità, cultura; in sei mesi il club ha tratto i risultati economici e tecnici più spettacolari di anni di lavoro, facendo ancora più ricco il presidente Percassi. Ma non è il solo esempio».

"Chi investe nel vivaio ora ne trae davvero grandi risultati"

Ci dica...

«Penso al lavoro che ha fatto Checco Palmieri al Sassuolo. La vittoria al Viareggio è un risultato straordinario. Ma anche altri club stanno lavorando molto bene. Il Bologna, per esempio, dopo l’arrivo di Saputo. I club che non puntano alla Champions dovrebbero credere di più a questo obiettivo: vincere è bello, ma creare una squadra di talenti locali diventa una svolta».

De Marchi, oggi si parla tanto di Higuain e di bandiere che non ci sono più. Lei quando dal Bologna andò alla Juve fece tutto per tornare...

«Io sono l’esempio di chi veramente voleva diventare una bandiera, lo dice la mia voglia di tornare a Bologna a 26 anni dopo aver alzato la Coppa Uefa a maggio con la Juve. Decisi di venire a Bologna in serie C, e in tre anni siamo andati non in B ma in A, arrivando poi in zona Uefa». 

E poi?

«Quando sono arrivato chiesi la fascia di capitano. Mi chiamavano tutti, da Montezemolo a Gazzoni, ogni giorno. Quattro anni dopo sono stato trattato come uno che aveva giocato lì un anno e mezzo... per questo le bandiere oggi esistono di meno, quando servi sei tutto ma poi ti dimenticano in fretta. E dire che mi sono messo a piangere quando dovetti andare via: e non volendo giocare contro il Bologna andai all’estero».

Secondo lei perchè tanti giocatori, come i suoi ex compagni Baggio e Schillaci, non sono più nel calcio?

«Perchè l’uscita dal calcio giocato è un fatto traumatico. E poi oggi molti fanno gli opinionisti in tv: è prestigioso e meno faticoso».

Il Napoli le ricorda un po’ Maifredi?

«Qualcosa può avere. Maifredi allora era un fiorellino in un campo deserto: giocare a zona allora era qualcosa di mai visto. Era troppo avanti coi tempi, peccato che si sia perso».

Lei oggi fa il procuratore. Ha sgridato Masina?

«Macchè. Parliamo di un’uscita in città fino all’una di notte. Se i giocatori volessero sgarrare andrebbero lontano dagli occhi dei tifosi oppure si chiderebbero in casa. Invece qui era tutto trasparente e stiamo parlando di un mercoledì o martedì sera». 

Ci dica altri giovani di cui sentiremo parlare...

«Caldirola è rientrato la settimana scorsa in prima squadra, ha hatto due vittorie importantissime in Bundesliga. Ha un futuro, va a scadenza, è un difensore centrale mancino che avrà risalto nel prossimo mercato».

Altri?

«Terrani a Perugia sta avendo impatto importante, è un ex del settore giovanile dell’Inter, ma non è ancora arrivato al suo top. Poi Zebli, al Genk del ’97, ivoriano con passaporto italiano, ne sentiremo parlare».

Ci racconti come è nato «We love football», la manifestazione che porterà Bologna a essere la capitale mondiale del calcio giovanile Under 15.

«Io e mia moglie Stefania siamo molto sensibili allo sport giovanile: io ex calciatore, lei ex pallavolista. Volevamo trasmettere qualcosa: le nostre esperienze, la nostra passione e filosofia di vita; lo sport è un linguaggio universale per trasmettere messaggi positivi. Io sono a Bologna dall’87, mi innamoprai di questa città, mia mogli è di Bologna; così mettiamo assieme un contenitore che attraverso il calcio vuole costruire ed educare. Oltre allo sport l’associazione «Amici di We love football» entra in rete con altre associazioni per essere protagonista nel sociale. Quest’anno siamo cresciuti molto rispetto all’anno scorso e crediamo di essere nella direzione giusta».

La novità di quest’anno?

«Il calcio sudamericano, grazie alla presenza del Palmeiras, campione in carica con la prima squadra. Gli under 15 sono la categoria più bella: ragazzi che sono pagine bianche pronte ad assorbire qualsiasi input positivo, ma contemporaneamente giovani in grado di esprimere già valori tecnici importanti».